“La grande sacra liturgia dell’attesa”

La liturgia della Terza Domenica d’Avvento richiede i paramenti rosacei: il colore viola, infatti, che caratterizza l’austerità dell’Avvento, si attenua un poco, ora che non manca poi molto al Natale. È la domenica ‘Gaudete’, la domenica della gioia, e così il parroco padre Placido, indossando la pianeta rosa, ha incentrato la propria omelia proprio sul tema del tempo e della gioia.
“Con tre candele della corona d’Avvento accese, è chiaro che il tempo si fa ormai breve“, ha esordito il parroco. Manca poco, insomma, alla meta, e ciò deve darci appunto gioia, ma dovrebbe anche innescare una riflessione e chiamarci all’impegno. Infatti, ha continuato padre Placido, “nel cammino spirituale è bene ricordare sempre che il tempo è breve: arriva il momento in cui bisogna decidere, scegliere, fare davvero il bene”. In altre parole, quelle della Scrittura, “viene un momento in cui ogni cristiano deve applicare a se stesso quanto dice il profeta Isaia: ‘Lo Spirito del Signore Dio è su di me‘ (Is 61,1)”.
Ciò significa, ha spiegato il parroco, che è lo Spirito a mostrarci il bene, a donarci la luce, a spingerci a decidere, a scegliere. E questo Spirito è in noi, come chiarisce san Paolo: ‘Tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo’ (1Ts 5,23). “L’anima – ha illustrato padre Placido – è il nephesh ebraico, la psyché greca, cioè la mente, l’intelletto, la nostra parte razionale; il corpo è invece la nostra parte materiale; e lo spirito è in ebraico ruah, la brezza, principio femminile, la vita divina che è dentro di noi“. Tutto, secondo san Paolo, deve attendere il Signore, e solo se tutte queste parti davvero attendono insieme, ha detto padre Placido, allora il Signore può essere accolto: “Dentro il corpo lo spirito di Dio rasserena la mente: questa è la grande sacra liturgia dell’attesa“.
Cosa significhi concretamente questa attesa lo mostra Giovanni Battista: “Alla domanda dei farisei: ‘Chi sei?’, Giovanni risponde per negazione: ‘Io non sono’. Io non sono niente! Poche parole brevi, ma quanto è difficile dirle per noi!”. Eppure, ha riflettuto il parroco, è proprio questo l’atteggiamento di chi vuole attendere davvero: “Proprio perché Giovanni riconobbe di non essere nulla, Gesù poté poi riconoscere in lui l’Elia che doveva venire, quello che avrebbe annunciato l’avvento del Cristo”. E noi? “Noi siamo certo meno di Giovanni, e se lo riconosciamo, anche noi come lui possiamo preparare la venuta del Signore“.
Concretamente, in una composizione ad anello, ciò significa gioire: “Ce lo dice ancora san Paolo: ‘Siate sempre lieti’! Dio infatti ci vuole bene! Dio è la nostra vita!”. Sembra forse strano affermarlo in periodo tanto difficile come quello che stiamo vivendo, ma è proprio in periodi come questo, ha fatto notare il parroco, che dobbiamo celebrare la domenica della gioia: “Se lo faremo, possiamo stare certi che il Signore, prima o poi, ci mostrerà che ne avevamo tutti i motivi!”.
Allora impegniamoci a scegliere il bene, perché il tempo è breve: “Sarebbe bello – ha concluso padre Placido – se ognuno dicesse proprio oggi: ‘Lo Spirito del Signore Dio è su di me’!”.