“La vita del cristiano è una lotta contro il male!”

Nella Quarta Domenica del Tempo Ordinario è quest’anno proposto il brano del Vangelo di Marco in cui Gesù entra nella sinagoga di Cafarnao, in Galilea, e inizia a insegnare. E proprio da Cafarnao ha preso le mosse l’omelia di padre Placido: “È ancora possibile vedere i resti della sinagoga dei tempi di Gesù: sono rimasti alcuni muri, di basalto, pietra nera, forte, che ha sfidato i secoli”.

Si tratta, ha raccontato il parroco, di una sinagoga non molto grande e da immaginare un po’ come, in epoca cristiana, la chiesetta del villaggio: “Solo nel Tempio di Gerusalemme si trovavano i sacerdoti che offrivano i sacrifici, mentre le sinagoghe erano gestite dai capifamiglia, non c’era un sacerdote a presiedere; ci si radunava, si leggeva la Scrittura, si faceva qualche breve commento”.

Una situazione non molto rivoluzionaria, insomma, “ma quel giorno – ha detto padre Placido – a Cafarnao, il luogo che il Signore aveva scelto come sua nuova residenza, presso la casa di Simon Pietro, quel giorno nella sinagoga entra il Rabbì, il Maestro, Gesù, il Nazareno, cioè entra colui che scopre e disvela la verità”.

Che egli sia il rivelatore della verità lo dice quel che accade subito dopo il suo ingresso in sinagoga, come ha appunto spiegato il parroco: “Quel giorno Gesù comincia a insegnare, e il suo, si rendono subito conto i presenti, è un insegnamento nuovo, fatto con autorità”. Abbiamo dunque già qui la definizione di che cosa sia un insegnamento nuovo: “L’insegnamento è nuovo quando ha la forza di toccarci, l’insegnamento è nuovo quando viene fatto con autorità, che è una parola latina collegata con il verbo augere, che significa ‘crescere’, da cui deriva anche la parola autore; quest’insegnamento non è dunque copiato, non è un discorso prefabbricato: è fatto da un autore, con autorevolezza, e fa crescere”.

Qui sta tutta la novità dell’insegnamento di Gesù: “Ciò che fa la differenza è proprio che la sua parola colpisce il cuore, e quel giorno quella brava gente di Cafarnao si sentì veramente colpita, tanto che accade una cosa incredibile”. Questa cosa incredibile è l’episodio dell’indemoniato: ‘Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro’ (Mc 1,23). Che significa impuro? “Puro – ha spiegato padre Placido – è ciò che è semplicemente se stesso: l’acqua è pura quando è semplicemente acqua, l’oro è puro quando è semplicemente oro; lo spirito è dunque impuro quando, al contrario, porta una persona a non essere più se stessa, quando lo fa diventare una maschera, un fantoccio”.

La cosa curiosa, però, è che fino ad allora ciò non aveva mostrato effetti apparenti: “Questo spirito impuro si trovava in quell’uomo, ma vi abitava tranquillamente, e chissà quante altre volte quell’uomo sarà stato lì nella sinagoga, in preghiera, e non aveva mai dato fastidio a nessuno. Qui qualcosa cambia: la Parola di Gesù lo sveglia, lo suscita, lo smaschera, perché l’impurità è una maschera, e la Parola di Gesù smaschera”.

Si spiega così perché l’uomo cominci a gridare, e questo smascheramento dovrebbe spingere anche noi a riflettere: “Il valore di una Messa – ha detto padre Placido – il valore della nostra presenza qui, la volontà di quello che stiamo facendo non è legata al fatto che il prete dica tre parole brevi, che non devono disturbare nessuno, che fanno tornare tutti a casa in pace… questi discorsi li ho sentiti fare tante volte! E sono discorsi più da demòni che da cristiani! Perché quel demonio se ne era stato buono, non aveva mai avuto problemi a sentire uno come me che dice qualche blabla; ma se viene il Cristo quel demonio non può stare buono e nascondersi: la prima forza della Parola è che svela il male!”.

Messo così, il Vangelo si rivela tutt’altro che accomodante, e padre Placido ha citato altri episodi a questo proposito: “Un’altra volta un indemoniato rivela: ‘Mi chiamo legione’, perché erano molti i demòni che possedevano quell’uomo, dal momento che una legione romana andava dai 5000 agli 8000 uomini: non ci scandalizziamo nel vedere che il Vangelo è pieno di esorcismi, perché la vita è piena di esorcismi, la vita del cristiano è una lotta contro il male!”.

Dovremmo ricordarcene sempre quando entriamo in chiesa: “Entrando in chiesa facciamo il segno della croce, cioè ci esorcizziamo, e se il nostro orecchio ascolta la Parola di Dio ci stiamo liberando“. La reazione però può facilmente purtroppo essere quella di quegli spiriti impuri, ‘Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?’ (Mc 1,24): “Stiamo attenti, perché anche noi ci andiamo vicini a dire così: Gesù, cosa c’entri tu con la nostra vita? Quasi che il Vangelo fosse una cosa ma poi la vita fosse un’altra”.

La vita non è altra cosa rispetto al Vangelo e il Vangelo non è altra cosa rispetto alla vita, e padre Placido l’ha voluto vedere anche proprio nell’assemblea liturgica: “Entrando in chiesa mi veniva un pensiero: che brave persone, potrebbero starsene a casa e nessuno potrebbe dirgli niente, soprattutto ora che siamo in tempo di pandemia; e anche chi è costretto a stare a casa, per necessità o per prudenza, e segue le liturgie in televisione, potrebbe anche evitare di farlo, e nessuno lo saprebbe; e invece pregano, celebrano, come è possibile fare, e lo fanno perché hanno scelto, e sempre più le nostre comunità saranno fatte di persone che sceglieranno di esserci, che sceglieranno di ascoltare, e si cercherà di ascoltare una parola che liberi, che aiuti, perché se il profeta tiene la parola lontana dalla vita, che è Dio stesso, non serve a nulla, e c’è solo morte”.

Di qui l’augurio finale di padre Placido: “Se il male che è in noi si ribella, se anche noi abbiamo la forza di accogliere realmente la Parola, allora saremo noi a essere liberati, saremo noi nella gioia, saremo noi a essere benedetti: chiediamo la forza di questa Parola, perché possiamo ogni volta uscire, liberati, nelle nostre vite!”.