La Quarta Domenica di Quaresima è detta ‘Laetare‘: i ministri abbandonano per un giorno i paramenti viola per indossare il colore rosaceo, e questo perché bisogna appunto essere lieti, gioire, perché il tempo della Risurrezione non è lontano.
Da qui è partito padre Placido nella sua omelia, riflettendo sul fatto che però, in realtà, il periodo che stiamo vivendo purtroppo non sembra molto gioioso: “Con il salmo responsoriale abbiamo detto: ‘Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia”, e tuttavia in questo tempo faticoso non è così facile trovare i motivi della nostra gioia. Eppure è proprio per questo che servono coloro che credono nel Cristo: per accendere una luce soprattutto quando è buio, per portare un po’ di gioia soprattutto quando serpeggia una certa tristezza e forse anche stanchezza”.
Il verbo serpeggiare non è usato da padre Placido a caso: esso riprende infatti la figura del serpente, citata da Gesù nel brano del Vangelo della liturgia: “Gesù fa un parallelismo curioso: ‘Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo’. Sappiamo che nella Scrittura, un po’ come in tutta la letteratura mediorientale, il serpente non è certamente una bestiolina trattata con tenerezza: se ne ha sempre paura, timore, terrore; pensiamo a Satana, che nell’Eden ha la forma di un serpente. Eppure il serpente ha anche un’altra valenza, cosa che accade spesso nella dimensione spirituale: ciò che è negativo può avere anche una valenza positiva, e infatti Gesù, in un altro passo del Vangelo, esorta: ‘Siate prudenti come i serpenti’: il serpente è l’animale che sa di essere fragile e per questo protegge sempre la propria testa e se può scappa, o altrimenti si difende. Così il serpente può venirci in aiuto anche oggi: stiamo attenti, sono tempi in cui è bene avere prudenza; attenzione, non andiamo dietro a tutto, usiamo un po’ di sana ecologia mentale, perché questi sono momenti in cui è un attimo lasciarsi prendere dallo sconforto, mentre bisogna trovare il modo di osservare le cose con un minimo di distacco; c’è troppa confusione, troppe cose urlate, ripetute all’infinito. Serve calma, prudenza, attenzione”.
Gesù, però, scegliendo l’immagine del serpente va anche oltre: “Il serpente citato da Gesù è quello che, fatto in bronzo e innalzato nel deserto, salvava dai morsi degli altri serpenti, secondo il racconto dell’Antico Testamento. E tuttavia la salvezza non veniva dal fatto che si guardasse il serpente di bronzo, bensì dal fatto che, guardando il serpente, in realtà si volgeva lo sguardo a Dio. Allora si comprende appieno quello che intende Gesù: egli dice: io dovrò essere innalzato perché voi possiate incontrarmi con lo sguardo, perché guardando a me vediate il volto di Dio e vedendo il volto di Dio, che vi ama, troviate coraggio e siate guariti da quel veleno che vi sta portando a dubitare di Dio, degli altri e in definitiva anche di voi stessi”.
Ecco che il discorso torna dunque sul presente che ognuno di noi vive: “Sono tempi di incertezza, l’abbiamo detto, ma è proprio ancora di più in questi momenti che dobbiamo elevare lo sguardo per ritrovare serenità e determinazione. In questo momento non c’è nessuno che abbia vere certezze, e ci sono addirittura ancora persone che negano che esista il Covid, che dicono che è tutta una montatura, che è tutto falso; purtroppo anche i provvedimenti presi per tentare di arginare la pandemia a volte sembrano contraddittori. In tutta questa incertezza c’è un solo modo per non crollare: osservare in modo un po’ distaccato, prendere le distanze e soprattutto alzare lo sguardo incontro al Signore. Noi cristiani sappiamo che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, e allora di cosa dobbiamo avere paura? Dio ama questo mondo, a differenza nostra, che spesso non ce ne importa niente; ma Dio ama il mondo con amore di Padre, cioè a tal punto da donarci suo Figlio“.
Alzare lo sguardo a Dio è dunque anche il modo per affrontare questo tempo: “La fede è anche il luogo in cui trovare un po’ di serenità: il Covid non ha mica fatto sparire Dio, non è che la situazione gli è scappata di mano, tutt’altro: tutto è nelle mani del Signore, anche la nostra vita e anche questo nostro oggi. Elevate lo sguardo, ci dice Gesù, perché io sono stato innalzato; e non l’hanno messo su un trono di velluto, ma sul legno di una croce! Lì dobbiamo guardare! Quante cose abbiamo visto oggi, quante ne abbiamo sentite! Ora, però, guardiamo il Cristo: questa è la centratura della vita, questa è la luce che viene nel mondo, questa è la luce della verità!“.
In conclusione, si può capire ora più chiaramente perché non è sbagliato nemmeno quest’anno festeggiare la domenica ‘laetare’, la domenica della gioia: “Viene un tempo, ed è questo, in cui è inutile che ce la raccontiamo: far finta di essere cristiani può anche essere bello, ma il Cristo taglia con una spada a doppia lama la nostra presunzione! In questo tempo solo se alzi lo sguardo al Signore e fai la verità vieni alla luce: ci sono dei gesti delle nostre mani che sono veri, autentici, sani; c’è un modo di usare gli occhi e le orecchie che è secondo la verità; e chi fa la verità viene alla luce, cioè rinasce. E venire alla luce in questo momento significa dire una parola tenera; fare la verità in questo momento significa offrire un attimo di gioia; venire alla luce in questo momento significa consolare una persona afflitta; fare la verità in questo momento significa incoraggiare qualcuno che si sta buttando giù. Questa è la nostra forza, e solo il Cristo ce la può dare: ripartiamo da qui rinfrancati e davvero gioiosi!”.