“Si crede perché è bello credere, perché ci fa bene”

Nella Quinta Domenica del Tempo di Pasqua la liturgia propone un brano di Vangelo breve, ma molto denso, tutto incentrato su tre frasi di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). Padre Placido, parlando ai ragazzi della catechesi, ma con loro, come sempre, a tutti, proprio su queste parole si è concentrato nell’omelia. Ecco le sue parole:

“Ancora una volta il Vangelo viene a dirci che la nostra fede non la si impara a forza di discorsi: non è che siamo cristiani perché sappiamo dire tante cose; siamo cristiani perché abbiamo imparato a fare il bene, a volerci bene. E anche se a catechesi si spiegano giustamente tante cose, se pure anche in chiesa si fanno tante omelie e si dicono tante parole, è perché queste servono a diventare persone migliori, persone più buone, capaci di volere bene.

Oggi Gesù ce lo dice chiaramente nel Vangelo: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Come si riconoscono i discepoli di Gesù? Forse perché sanno bene il catechismo? Perché sanno dire le preghiere? Certo è importante anche questo. Ma tutto deve servire a imparare una sola cosa: a volersi bene.

Gesù addirittura, dice lui stesso, ci dà un comandamento nuovo. I comandamenti, lo sappiamo, sono dieci; ma qui Gesù ce ne dà un altro. Però attenzione: non è l’undicesimo comandamento; piuttosto si tratta della sintesi, l’unità di tutti i comandamenti, potremmo quasi dire lo scopo di tutti i comandamenti. Infatti tutti i dieci comandamenti devono servire a questo nuovo comandamento di Gesù: imparare ad amarci gli uni gli altri.

Gesù dice proprio così: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati»; non dice ‘amate i vostri amici’, non dice ‘amate le persone che la pensano come voi’ e non dice nemmeno ‘amate solo le persone bianche o solo quelle rosse, gialle o nere’; non dice ‘amate quelli che abitano in Italia’… non dice niente di tutto questo; non dice neppure ‘amate solo i cristiani’. Dice: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati», cioè nel modo più generale, possiamo dire nel modo più cattolico, perché cattolico, in greco, significa universale.

Allora se tu sei cattolico, se ti dici cristiano universale, devi amare in modo cattolico, universale, devi avere un cuore grande, tanto grande da amare tutti. Infatti noi siamo tutti figli di Dio, al punto che Gesù dice che o siamo bambini o dobbiamo diventare bambini. Da qui non si scappa. Ma cosa significa? Dobbiamo imparare a volerci bene come i bambini. E cosa hanno i bambini di particolare? Cos’è che piace tanto fare ai bambini? Ovviamente giocare! Noi adulti abbiamo smesso di giocare, purtroppo. Giocare è un’attività che si fa perché è bella, perché piace. Si viene forse pagati per giocare? No! Perché dovrebbero pagarci? Giocare è bello! Poi si diventa grandi e si comincia a voler essere ricompensati per ogni cosa… e il rischio è che perfino la fede sia praticata per avere delle ricompense…

Invece si crede perché è bello credere, perché ci fa bene, perché ci sentiamo persone migliori, che crescono, che sono amate. Bisognerebbe professare la fede come quando si gioca: lo si fa perché è bello. E normalmente si gioca insieme, si cresce insieme.

Allora ci portiamo via questo: il cammino di crescita nella fede, se dovessimo dirlo con poche parole, basterebbe usare le parole di Gesù: serve fondamentalmente, come scopo principale, ad insegnarci a volerci bene gli uni gli altri. È vera quella fede che ti rende una persona più buona; altrimenti si tratta solo di idee, che restano in testa, mentre il cuore resta freddo. Chiediamo a Gesù di insegnarci questo cammino di vera catechesi: amarci gli uni gli altri”.