“Diventare sale ed essere a nostra volta luce che illumina il mondo”

Nella Quinta Domenica del Tempo Ordinario il Vangelo è quello famoso del sale della terra e della luce del mondo e Gesù appella così i suoi discepoli, sale e luce appunto, e quindi anche chi lo segue oggi. Allora bisogna chiedersi: cosa significano queste parole? L’ha spiegato bene padre Placido: ecco la sua omelia.

“Anche in questa domenica la Parola del Vangelo è forte: il Cristo parla ai suoi discepoli, e quindi a noi, per dirci: voi siete luce, voi siete sale. Attenzione: non ci sta facendo dei complimenti; si tratta di una investitura che chiede di essere accolta, seguita, è cioè una assunzione di responsabilità: possiamo e quindi dobbiamo essere sale e luce.

Sale e luce possono sembrarci elementi quasi separati, lontani; ma in realtà, a pensarci bene, il sale è il frutto della profondità del mare che viene attraversata dalla luce e dal calore. Così affiora questo sale in cristalli: proprio quando la profondità incontra la luce, lì si realizza questo miracolo, emerge qualcosa di significativo, di saporito. Allora che noi si diventi sale del mondo dipende dalla nostra esposizione alla luce, ma non una esposizione superficiale: quando permettiamo alla luce di entrare in profondità, nel profondo del cuore, avviene questa misteriosa alchimia per cui dalla luce, dono di Dio, si produce il cristallo, qualcosa di integro, unificato. Il cristallo di sale non è salato da un lato e insipido dall’altro, è sale sopra, sotto, attraverso, dentro, fuori, non è una facciata dietro cui nascondere altro. Quando si diventa sale si diventa integrità, con l’aiuto di Dio, e l’esterno è come l’interno e l’interno come l’esterno e il sopra come il sotto e il sotto come sopra. Un antico detto alchemico dice: come in basso così in alto.

Ecco l’integrità che è frutto dell’esposizione delle profondità alla luce. Ma come realizzare questa esposizione alla luce? La Parola di oggi indica tre vie di luce che possiamo percorrere. La prima è indicata da Isaia e si tratta di spezzare il pane; la prima via di luce è lo spezzare il pane, questo gesto che noi conosciamo bene: ‘Prese il pane, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli’. Isaia ricorda la radice di questo gesto: spezzare il pane per dividerlo con l’affamato; se spezziamo il pane del cielo questa gesto è vero solo se poi siamo disposti a spezzare il pane con gli altri, cioè se siamo disposti a condividere. ‘Allora la tua luce sorgerà come l’aurora – dice Isaia – e anche la tua ferita sì rimarginerà presto’: se vuoi bene ne hai del bene, se nutri sei nutrito, se fai il bene guarisci.

La seconda via di luce la indica Paolo nella seconda lettura: ‘Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso’. Il verbo sapére è dal latino sàpere, cioè ‘avere sapore’, ma anche ‘sentire il gusto’; di una cosa senza sale si dice che è insipida, mentre se è sapida è gustosa. Ebbene, tutto il gusto di Paolo, dice, è Cristo Crocifisso. La via di luce passa necessariamente attraverso il Cristo crocifisso, che non a caso apre nel suo cuore una finestra sul mistero dell’amore di Dio: ‘ne uscì sangue e acqua’.

E infine la terza via: ‘Voi siete il sale della terra’. Non tu, bensì voi. C’è una dimensione fraterna, c’è uno stare insieme: ‘Li mandò a due a due’, dice a un certo punto il Vangelo; e molti di voi sono stati chiamati a essere in due e poi generare e creare una comunità, una famiglia. Ecco allora dove si è sapidi, dove si è luce, e la comunità cristiana dovrebbe aiutarci: voi, non tu; Padre Nostro, non mio, cioè la dimensione fraterna.

‘E così – conclude Gesù – risplenda la vostra luce, perché vedano le vostre opere’: non si tratta né di fare prediche o grandi discorsi, non si tratta di farsi vedere, bisogna che vedano le nostre opere buone: quelle sono la luce della nostra vita, quelle permetteranno a noi di entrare nella luce. Chiediamo allora di vivere questa via di luce, per diventare sale ed essere a nostra volta luce che illumina questo mondo“.