“La sacralità della famiglia è la sua capacità di andare oltre se stessa”

“Oggi tutta la Chiesa ci invita a sostare di fronte al mistero della santa, sacra famiglia di Nazareth“: così padre Placido ha aperto l’omelia nella festa, appunto, della Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria, e ha subito sottolineato che questa sosta non è però un guardare una scena come in un teatro, cioè qualcosa che fanno altri; tutt’altro: questa sosta davanti alla famiglia di Nazareth “è un fermarci di fronte a noi stessi, al nostro compito in questo mondo, è un vedere dal di fuori ciò che siamo chiamati a essere dentro“.

Il primo motivo, evidente, di questo, è che la famiglia è una realtà che ci riguarda tutti, e non solo perché ognuno di noi fa parte di una famiglia: “Anche noi, riuniti a celebrare il Signore, siamo una famiglia, e ancora prima di questo noi tutti facciamo parte della grande famiglia umana”.  Allora, guardare alla famiglia di Nazareth deve servirci per comprendere dove trovare, in tutte queste nostre appartenenze a diverse famiglie, la santità e la sacralità. In altre parole, davanti a Gesù, Giuseppe e Maria, dobbiamo chiederci perché questa famiglia è sacra.

“Giuseppe – ha riflettuto padre Placido – non era il padre biologico di Gesù; la stessa madre, Maria, deve aprirsi a una dimensione incredibile, perché quel figlio è certamente suo, eppure non totalmente”. La sacralità, dunque, deve andare oltre il puro dato biologico, dev’essere ricercata in qualcosa di più grande: “È come se il segreto della santità e sacralità fosse da cercare nell’andare oltre ciò che appare, nel trovare un significato più profondo: al di là dell’aspetto che si nota, al di là di ciò che si vede, c’è un mistero che va contemplato”. Per dirla in termini più chiari, sempre con le parole di padre Placido: “La sacralità di una famiglia è data dalla sua capacità di trascendersi, di andare oltre se stessa”.

Il discorso è estremamente concreto, come ha esemplificato il parroco: “Se guardi alla tua famiglia solo con gli occhi della carne, e cominci a valutare il numero giusto di figli, se ciò che avevi previsto per loro si sia realizzato, se sei riuscito in questo o quello, ciò è certo tutto bello e comprensibile, ma non hai ancora colto il mistero”. Per cogliere ciò che sta oltre bisogna mettersi nell’atteggiamento che padre Placido richiamava già nella notte di Natale (si veda la sua omelia a questo link: http://updivinamisericordia.diocesitn.it/2020/12/24/natale-e-la-festa-dellessenziale/): “Solo se ti metti in ginocchio davanti alla tua famiglia puoi fermarti e dire: qui c’è qualcosa di più, qui c’è una sacralità che abbraccia il mondo intero”.

La Scrittura lo indica chiaramente nella figura di Abramo: “Egli, padre di una moltitudine di credenti, obbedì, mostrando che il primo passo della sacralizzazione è l’obbedienza, cioè ascoltare e cogliere la realtà così com’è, non come tu vorresti che fosse”. Attenzione dunque alla concretezza come primo compito: “La prima obbedienza è alla verità della tua famiglia, con tutti i limiti che può avere”. In effetti, è quello che avrebbe fatto anche lo sposo di Maria: “Giuseppe ascolta e obbedisce alla realtà: con in giro un pazzo che sta ammazzando tutti i bambini, bisogna scappare. A noi sembra una scelta folle: come puoi scappare? Tra le tue braccia c’è ben più di Erode! Quello è il Figlio di Dio! Ma Giuseppe comprende che è necessario scappare, perché capisce che bisogna obbedire alla realtà”.

Di qui l’insegnamento di concretezza per noi, come esplicitato da padre Placido: “Noi non siamo sempre sospesi a mezz’aria, non facciamo una famiglia in modo spirituale: piedi per terra, se vuoi camminare spiritualmente!”. Sembra una contraddizione, un paradosso, ma Giuseppe lo dimostra, e lo dimostra ancora una volta anche Abramo: “La sua obbedienza alla realtà è in una dimensione così profonda che può arrivare a concepire addirittura di sacrificare il proprio figlio Isacco, il suo unigenito figlio, proprio quello del quale gli era stato detto che in lui avrebbe avuto una discendenza! Per fede Abramo può arrivare a obbedire financo alla richiesta di sacrificio del figlio, e restare comunque padre di una moltitudine di popoli!”.

Ecco che ritorna, ad anello, anche in Abramo quella necessità di andare oltre il dato puramente materiale: “Capite – ha chiesto il parroco – con quali occhi nuovi e cuore nuovo bisogna guardare alla famiglia? Quando hai provveduto come genitore alle realtà materiale, lo sguardo spirituale deve portarti oltre. Infatti, se non sai trascendere la tua famiglia, il tuo diventa un egoismo a tre, a quattro, a cinque, e di qui certi elogi della famiglia che fanno ridere! “. Padre Placido a questo punto ha citato l’esempio estremo: “Anche i mafiosi tengono alla famiglia, ma che famiglia è quella cui sono attaccati?”.

Bisogna insomma andare oltre per trovare la sacralità della famiglia: “Paradossalmente, più alto è il recinto che chiude la tua famiglia e meno è sacra; più invece abbassi le difese e sei capace di allargare il cuore e l’accoglienza, più la sacralità aumenta”. In altre parole: “È una famiglia forte quella in cui ci si lascia liberi, ci si rispetta, e anzi si stimola la capacità di andare oltre, di avere coraggio, di fare cose nuove, di non rinchiudersi sempre nelle stesse cose che danno sicurezza! L’idea di sicurezza che uccide la libertà e lo spirito non è la sicurezza vera, bensì è paura, e la paura non porta da nessuna parte!”.

Nell’andare oltre sta dunque il compito di ciascuna famiglia per potersi dire sacra, e in questa sacralità si troveranno, secondo padre Placido, la vera sicurezza e la vera libertà: “Questa è la visione che Dio ha della famiglia, ed è una visione che ti dà un paio d’ali: dove sei concretamente, dove c’è la tua storia, se avrai la capacità di leggerla al di là del puro dato fisico, allora lì è la tua spiritualità, che ti dischiuderà orizzonti incredibili!”.

Ovviamente, ha concluso il parroco, tutto questo non è qualcosa di immediato: “È un cammino, bisogna starci con la sacra famiglia, bisogna riflettere bene su questa idea, bisogna porsi le giuste domande: come sto costruendo la mia famiglia? come sto favorendo la crescita umana, spirituale, divina?”. Un compito grande, insomma, ma insieme bellissimo, e nel quale non siamo soli: con noi c’è proprio la famiglia da cui siamo partiti e da cui sempre possiamo ripartire, la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria: “Noi ci sentiamo in compagnia della Sacra Famiglia, e proprio la Sacra Famiglia ci incoraggia, ci accompagna, prega per noi, ci protegge, ci conforta, ci istruisce e ci dischiude un orizzonte infinito!”.