“Disponiamoci ad accogliere la luce di Dio”

La seconda domenica dopo Natale cade quest’anno pochi giorni prima dell’Epifania, e la liturgia ne fa già sentire lo spirito, come ha fatto notare padre Placido, che ha aperto l’omelia partendo dalla parole della preghiera di colletta, che sta all’inizio della Messa: “Già al principio della nostra liturgia abbiamo pregato che Dio venga a visitarci con la sua gloria e riveli a tutti i popoli lo splendore della sua luce: è un’invocazione che ci prepara alla festa dell’Epifania, cioè alla manifestazione di questa luce”.

Se la liturgia vuole prepararci alla solennità del 6 gennaio, significa che l’Epifania è davvero un grande giorno: “È come se il Natale – ha detto il parroco – nell’Epifania incontrasse la propria pienezza“. Sono ancora una volta le parole della liturgia a chiarirlo: “Nella Notte Santa abbiamo detto che un bimbo è nato per noi, che ci è stato dato un figlio, ma questo dono va poi portato a compimento: ci è dato un figlio di cui poi diventare discepoli, di cui diventare portatori; ogni cristiano dev’essere un piccolo ‘cristoforo’, cioè, letteralmente, un portatore del Cristo”.

Questo è dunque l’obiettivo, ma come raggiungerlo? Questa la risposta di padre Placido: “Per fare ciò è necessario un atteggiamento di accoglienza: accogliere la luce”. La luce, infatti, non va cercata, perché è stata lei a cercare noi, come già raccontava il libro del Siracide nel brano proposto per la prima lettura della Messa: “Il Siracide fa qui una meravigliosa elegia, un grande elogio della Sapienza, che ‘fissa la tenda in Giacobbe’; noi sappiamo di chi si parla, perché sappiamo che il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi”.

La Sapienza, il Verbo di Dio, è venuto dunque a cercarci, ha scelto di abitare in noi, ed è proprio “questa Sapienza, fatta persona, che diventa luce, e ci illumina donando verità alla nostra mente”. Questo è insomma il Natale, nelle parole di padre Placido:”Una rivelazione che deve darci luce e verità, un cammino per passare dall’oscurità alla luce, perché le tenebre, ci ricorda il prologo giovanneo, non hanno vinto questa luce”.

Ecco perché “dobbiamo avere grande fiducia: viene nel mondo la luce vera e illumina ogni persona”, come dice ancora san Giovanni. Viene la luce, dunque, ma a questo punto entriamo in gioco noi, perché si tratta di accoglierla, dal momento che, citando ancora il Vangelo di Giovanni, a chi la accoglie dà il potere di diventare figli di Dio. “Allora – ha detto padre Placido – dobbiamo disporci a questa accoglienza: l’Epifania sarà la manifestazione piena di questa luce, ma è inutile che qualcuno porti tantissima luce se poi noi ce ne andiamo via con una candelina spenta”.

Di qui l’esortazione del parroco: “Accendiamo questa candelina, accendiamo questa luce!”. La domanda viene spontanea: come si accende questa luce? La risposta di padre Placido è chiara e diretta: “Non ponendo ostacolo: non puoi infatti inventarti la luce, non puoi tu far splendere il sole; ma se non chiudi le imposte, il sole entra, la luce viene”. In altre parole: “Serve la disposizione del cuore, che consiste in questa apertura umile, e il modo migliore di raggiungerla è essere consapevoli di avere bisogno della luce”.

Ecco dunque l’invito finale di padre Placido: “Rendiamoci consapevoli di fronte a Dio e preghiamolo di donarci la sua luce e di aiutarci ad accoglierla e a portarla sempre con noi!”.