Nella Quarta Domenica di Quaresima i paramenti liturgici sono rosa: per una domenica si abbandona il viola, perché l’invito è quello a gioire. Questa gioia è quest’anno la gioia del perdono, perché il Vangelo propone la famosissima parabola del figliol prodigo. Padre Placido, parlando ai bambini della scuola elementare e alle loro famiglie, riunite nella chiesa di Brez per la Messa di catechesi, ha analizzato proprio la parabola, dimostrando che i suoi insegnamenti valgono per tutti:
“Gesù parlava spesso in parabole, cioè dava insegnamenti fatti di parole, di racconti e Gesù lo fa perché noi possiamo tentare di immedesimarci, di provare a rivivere quello che sta insegnando Gesù; non sono insegnamenti astratti, ma cose molto concrete. Così è anche per la parabola del Vangelo di oggi, la parabola chiamata del figliol prodigo, cioè uno che butta via tutto, spende tutto; oppure si definisce anche la parabola dei due fratelli, cioè il figlio più giovane e quello più vecchio, oppure ancora parabola del Padre misericordioso. Che cosa oggi ci vuole insegnare Gesù? Si tratta di una parabola che ha molto a che fare con quello a cui si stanno preparando i bambini di Prima Confessione.
Il figlio giovane è scappato di casa; anche noi alle volte pensiamo che tutto il bene sia altrove e non scopriamo il bene che c’è in casa, il volersi bene, lo stare insieme. Ma a un certo punto, è vero, bisogna anche vedere com’è la vita fuori; il problema è che questo giovane lo fa nel peggiore dei modi: ‘Padre, dammi tutto quello che mi spetta’. Il padre avrebbe potuto rispondere che non era ancora morto e perciò non gli spettava l’eredità. E invece questo padre divide tra i figli le sostanze, dà a entrambi i figli quanto spetta a ciascuno. È dunque un padre buono, ma anche giusto. E così il figlio minore prende e parte. Come ci sembra di essere forti quando abbiamo soldi e potere! È talmente vero che Papa Francesco ha dovuto richiamare i grandi della terra: non vi vergognate a voler spendere più soldi per le armi? Pensate davvero che se tutti abbiamo più armi il mondo avrà più pace? È l’esatto contrario!
Allora questo giovane parte con i suoi soldi, tutto baldanzoso, e pensa che sarà finalmente una bella vita quella che vivrà. Ma dura poco, perché quando hai i soldi tutti ti rincorrono, ma appena i soldi sono finiti ti ritrovi da solo. E così questo giovane si ritrova a dover allevare maiali, cioè fare un lavoro che nessun ebreo avrebbe voluto fare, perché il maiale è un animale impuro; e addirittura deve mangiare le carrube dei porci. Insomma: lontano dalla casa del padre quel figlio muore di fame. Allora rientra in se stesso: io qui sto morendo di fame e a casa di mio padre c’è da mangiare anche per i servi; tornerò a casa e gli chiederò scusa. È bella la confessione, perché parte sempre dal fatto che noi guardiamo dentro noi stessi e diciamo che solo Dio è buono; noi tutti sbagliamo, ma non casca il mondo, anzi impariamo che presso il Padre si sta bene.
E legato a ciò c’è anche un altro insegnamento, che riguarda il Sacramento della Comunione. I grandi dicono che bisogna che i bambini si preparino bene a fare la Comunione, ed è giusto; ma i grandi hanno imparato a fare la Comunione? Cosa vuol dire comunione? Comunione significa che non ci sei solo tu al mondo, che ci sono i tuoi fratelli e le tue sorelle. C’è una comunità che va sostenuta, va aiutata; è inutile fare la Comunione pensando che ci sono solo io e Gesù, mentre gli altri possono andare per la loro strada: quella non è comunione, quello è solo egoismo travestito da comunione. Guardiamo all’altro fratello della parabola: quando il giovane torna dopo dieci anni, quello, rivolgendosi al padre, parla del fratello chiamandolo ‘questo tuo figlio’… ma è tuo fratello! Dio vuole figli e figlie che siano contenti di stare nella sua casa!
Il padre esce due volte di casa. La prima volta esce di casa per andare a riprendere il figliol prodigo e quando lo vede ancora lontano già corre, perché lo aspettava, guardava sempre fuori dalla finestra; così fa Dio con i peccatori: noi spesso pensiamo che se la gente va o non va a Messa è lo stesso, se torna o non torna poco cambia; e invece Dio ci soffre: perché non vengono a casa? Perché non vengono a mangiare insieme? Perché non sono contenti di stare un po’ insieme? Perché non vogliono stare qui un’ora alla settimana per dire grazie? Perché non vengono a incontrare i fratelli e le sorelle? Li volevi forse più belli o più buoni? Li volevi diversi? Sono i tuoi fratelli e le tue sorelle! Mica abbiamo scelto se avere fratelli e sorelle quando siamo nati!
Poi il padre buono esce una seconda volta e lo fa per andare a prendere il figlio più grande, quello che era fuori casa e non voleva entrare. E il padre ci resta male a vedere che quel figlio l’ha sempre guardato male, ha sempre avuto rancore verso di lui. Se stiamo nella casa del Padre buono come se lui fosse lì continuamente a chiederci cose, prima o poi ce ne andremo! E c’è un sacco di gente così! Invece nella casa del Padre buono si sta bene, che tu resti o che tu torni!
C’è un quadro bellissimo che racconta tutto questo ed esprime molto meglio di come l’ho detto io il senso profondo della parabola; è un quadro di Rembrandt e si intitola Il ritorno del figliol prodigo; sta a San Pietroburgo ed è qualcosa di stupendo! Il figliol prodigo è tornato, è tutto vestito di stracci, ha la testa tutta pelata, non ha capelli, perché è come un bambino, a dire che il perdono ti fa rinascere; è inginocchiato e il padre buono gli mette le mani sulle spalle e lo abbraccia. Il padre poi nel quadro ha due mani diverse, una è maschile e l’altra è femminile, perché Dio ci ama con l’amore di padre e madre, ci accoglie con tutto l’amore che un papà e una mamma sanno esprimere. Nel quadro infine c’è un’altra figura, un uomo alto, vestito bene, con una specie di corona in testa; guarda male il fratello; è ovviamente il figlio più grande, l’unico triste, l’unico che guarda con occhio cattivo, mentre il padre buono ha gli occhi di un cieco, perché Dio quando perdona dimentica, non vede più, sente solo il suo amore.
Quando abbiamo un momento guardiamo quest’opera d’arte e capiremo cosa vuol dire fare comunione: Dio fa la comunione con noi e noi facciamo la comunione quando ci accogliamo e ci perdoniamo. Non basta mettere in bocca un pezzo di pane consacrato; noi mangiamo lo stesso pane perché siamo fratelli e sorelle!”.