La solennità di Pentecoste per l’Unità Pastorale è stata anche la grande festa del Corpo Bandistico Terza Sponda, che nel 2023 compie 100 anni dalla fondazione. La banda, che sempre accompagna le grandi feste religiose delle nostre comunità, ha così partecipato alla Messa e ai bandisti si è rivolto padre Placido, ma – come sempre – quel che ha detto parla a tutti. Ecco le parole del parroco:
“È la Pentecoste, sono passati cinquanta giorni dalla Pasqua, e mentre celebriamo il compimento di questi cinquanta giorni festeggiamo anche 100 anni, quelli che compie il Corpo Bandistico Terza Sponda, la nostra banda.
Quello di oggi è quindi un centenario, ma anche un cinquantesimo, perché se la banda è stata certamente fondata nel 1923, cinquant’anni dopo, nel 1973, è stata ri-fondata, dopo che le vicende della guerra e dell’emigrazione l’avevano portata a sospendere la propria attività. Anche per voi bandisti, dunque, c’è il numero 50. E non sono numeri che compaiono a caso, perché non sono eventi che accadono a caso: se il Signore ci dona di cogliere il suo stile nell’intervenire sugli avvenimenti anche i numeri e i sogni possono servire a capire un po’ di più.
E allora in questo giorno cinquantesimo che cosa festeggiamo? Festeggiamo due eventi che, anche se magari a un primo sguardo non sembra, hanno molto in comune: il Corpo Bandistico Terza Sponda e la Pentecoste. Intanto c’è il colore rosso che vi accomuna, colore del sangue, colore della vita, colore della forza, colore della passione: se non c’è sangue nelle vene non c’è più vita, se non c’è passione tutto si spegne. Il Cristo dice: ‘Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso’ e nell’Apocalisse il Signore si lamenta: spesso siamo tiepidi e il Signore vuole invece che decidiamo. Sia l’arte che la fede ci insegnano una via di passione, di dedizione, spingono a crederci fino in fondo.
Così cinquant’anni fa siete ripartiti, avete riacceso una passione, un desiderio. Così fa l’arte e così fa la fede, accomunati anche da altro. Quando Giovanni Paolo II fece il primo raduno delle religioni in Assisi si pose un grosso problema: in che lingua pregare? C’erano religioni di tutto il mondo, alcuni parlavano solo dialetti praticamente sconosciuti… così si trovarono solo due lingue comuni: il silenzio e la musica. Quando stiamo in silenzio parliamo la stessa lingua, quando stiamo in silenzio consapevole noi comunichiamo, quando stai in silenzio con una persona con cui condividi molto quel silenzio è comunicazione, così come, al contrario, spesso si fa tanto chiasso e non si dice niente. Invece, contrapposta ancora al chiasso, la seconda lingua comune è la musica, una lingua universale.
La musica, così come la fede, sembra che non servano a niente: c’è un sacco di gente che vive come se Dio non ci fosse e vivono bene, alle volte vivono meglio degli altri, perché pensano ai loro affari. Eppure la fede è così necessaria, così come anche la musica è necessaria: togli dal mondo la musica… cosa cambia? Sembra che non cambi niente, ma in realtà cambia tutto: nel mondo c’è la musicalità naturale, il Signore ci ha dato il canto degli uccelli, ci ha dato il rumore della vita e della natura e i mistici dicono che in cielo c’è una vibrazione continua che è il nome di Dio che risuona e ogni individuo, attraversato dal nome di Dio, vibra secondo la sua qualità e tutte queste vibrazioni creano un concerto inimmaginabile.
Dobbiamo diventare creature meravigliose e in eterno vibreremo di quella nota che ci ha dato Dio, una nota di generosità, di realtà, di verità. Ma in attesa di partecipare al concerto eterno si inserisce proprio la via che state percorrendo, ragazzi e ragazze della banda. E colpisce proprio questa capacità di suscitare l’entusiasmo nei giovani: quando le cose sono fatte bene, credendoci, sono bene e suscitano sequela. Papa Benedetto XVI disse che la Chiesa non cresce per proselitismo, ma solo per attrazione: senti che è bello, che quella è una cosa che ti corrisponde e aderisci. Così è per voi: all’inizio del vostro cammino è stata l’adesione personale, come con la fede. Ma poi ci si rende conto che non lo si fa solo per sé, lo si fa anche per gli altri, perché è un servizio e lo si fa sempre. La fede e la musica accompagnano le vicende gioiose e tristi, perché riescono a spiegare ciò che non si riesce a spiegare a parole: sia quando siamo in un grande momento di gioia, sia quando magari siamo in un momento di fatica, di dolore, di separazione, la fede e la musica trovano parole che il semplice l’intelletto non conosce. Allora bisogna ascoltare loro: ci insegnano anzitutto il silenzio dell’ascolto e lo fanno attraverso un linguaggio che magari non conosciamo se siamo profani, ma se ascolti veramente il tuo cuore sentirà che c’è qualcosa di vero e di grande.
Allora cosa posso augurare al Corpo Bandistico Terza Sponda? Vi auguro che la comunità dei credenti, che è qui, riconosca il vostro impegno e il vostro valore. Questa comunità ora abbraccia cinque paesi e siete stati voi i primi a fare l’unificazione già a metà degli anni Settanta; noi molto dopo ci abbiamo provato con l’Unità Pastorale e poi anche civilmente è arrivato l’unico Comune di Novella. Voi vi siete uniti e vi siete uniti nel bene; purtroppo ci si può unire anche per il male: non basta dire di essere uniti, perché anche a Babele parlavano la stessa lingua, ma lo facevano per un’opera di male; e per questo Dio confonde le lingue, non ci si capisce più. Al contrario, nella Pentecoste non si parla la stessa lingua, ognuno parla una lingua diversa, ma tutti riescono a comprendersi. È come la musica, è come il silenzio.
Allora auguro alle nostre comunità di saper prendere esempio da voi: non si può pensare di fare un’esecuzione corale se ognuno pensa solamente a se stesso. Certo ognuno è centrato in quello che fa, ma è anche in ascolto di cosa fa l’altro e l’intero gruppo, perché il concerto, come dice appunto la parola, richiede di unirsi, di sintonizzarsi. Ognuno di voi è certamente bravissimo quando suona da solo, ma quando suonate insieme siete una meraviglia. Allo stesso modo il cristiano fa benissimo a essere centrato su di sé, ma poi deve imparare a collaborare: quello che sentiamo insieme, nella fede come nella musica, è più grande di quello che sentiamo da soli.
E se ciò è possibile è perché abbiamo dei maestri: bisogna onorare i maestri che hanno avuto intuizioni, hanno saputo andare avanti, hanno saputo portarci fino a qui; noi camminiamo sulle spalle dei giganti, perché erano giganti quelli che ci hanno preceduto e quando consideriamo che abbiamo fatto tanto ricordiamo che prima di noi ci sono state persone che hanno creato le montagne e aggiungere il nostro pezzettino a quelle montagne è creare una cosa eccezionale. Ed è così perché ci si impegna nel servizio, anche quando se ne ha meno voglia, perché se ci si impegnasse solo quando se ne ha voglia sarebbe una disfatta.
Servire è faticoso, richiede che la persona sia anzitutto centrata su tutti i valori che vuole trasmettere agli altri. La musica lo dimostra, anche quando costa fatica appunto. E così è anche per la fede. Ma Dio ci dà anche la perseveranza: non stanchiamoci, non perdiamoci d’animo, anche quando sbagliamo andiamo avanti con fede! Nella Pentecoste Maria trasforma quel manipolo di uomini spaventati che erano i discepoli in un gruppo coeso, che non confida più in se stesso, ma nel dono dello Spirito che viene dall’alto! Lo Spirito Santo possa sempre ispirarci e possiamo diventare discepoli fedeli nella fede come nella musica!”.