Nella XXVII Domenica del Tempo Ordinario la liturgia propone la pagina della Genesi della creazione dell’uomo e della donna e da qui è partito padre Placido nell’omelia; ecco le sue parole:
“Come è bella anche oggi la Parola di Dio, questa narrazione che parte da lontano, dal Giardino di Eden, quando eravamo lì, tra le braccia del Creatore; e arriva a Gesù che tiene tra le braccia i bambini. Com’è importante che ascoltiamo chi siamo e da dove veniamo, come è importante sentire da questi racconti di luce qual è la nostra origine e qual è anche il nostro destino eterno e anche come dobbiamo affrontare questo viaggio faticoso, questo pellegrinaggio che è la nostra esistenza terrena.
Che questo viaggio sia faticoso lo comprende lo stesso Dio nel momento in cui, nella Genesi, dice: ‘Non è bene che l’uomo sia solo’, la solitudine come sintesi di tutte le fatiche e le sofferenze e i disagi. Adamo era di fronte a Dio e si sentiva solo; non facciamo spiritualismo sciocco: per arrivare a dire ‘Dio solo basta’ bisogna avere amato molto in profondità l’umanità, altrimenti diventa sciocchezza e disincarnazione e spiritualismo e se è così allora puoi dire anche che Dio solo basta e poi fare il male. Invece Dio non scherza con i sentimenti: di fronte alla solitudine della sua creatura gli fa trovare un aiuto, non vuole farlo sentire solo. E dapprima crea gli animali, che furono creati proprio perché non ci sentissimo soli; alle volte, quando sono nel bosco, penso a questa vicinanza e sento il canto degli uccelli e il frullare delle loro ali e penso a come mi sentirei più solo se non ci fossero questi amici.
Ma questo ancora non bastava, serviva un altro dono, un dono sublime, un dono che si può ottenere solo facendo un sogno e per questo Adamo viene fatto addormentare e quando apre gli occhi resta stupito e quell’Adamo che fino ad allora aveva sempre taciuto eleva il primo canto dell’umanità: le prime parole dell’uomo sono un elogio della donna. Eccola finalmente, carne della mia carne, osso dalle mie ossa, finalmente l’essere umano completo! Il primo canto dell’umanità è stato cantato per onorare la dignità femminile. Dovremmo ricordarcelo oggi, quando vediamo questa dignità così calpestata, quando è così evidente questa durezza di cuore di cui parla Gesù, quando l’umanità non sa più sentire che la donna è segno di un amore che non ti vuole solo. E, quando pensiamo a questo, nel canto del femminile mettiamoci tutto ciò che è amore e cura e delicatezza e perdono: questo è il femminile che va sempre onorato e che vediamo disconosciuto e calpestato; e il vertice di questa vergognosa attitudine sono le guerre!
Di fronte a tutto questo non perdiamo il coraggio di parlare chiaramente, come fece Gesù: ‘Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha concesso di scrivere l’atto di ripudio’. A suo tempo Mosè fece un grande passo in avanti: in tutte le culture esisteva il ripudio, ma fu Mosè a stabilire che il marito scrivesse un atto per questo, in modo che la donna fosse dichiarata libera e potesse così iniziare una nuova vita, ché altrimenti quella donna sarebbe rimasta per sempre legata al marito anche se ripudiata. Ma Gesù dice che anche quello fu solo un tentativo di considerare la durezza del cuore umano, perché il disegno di Dio non era questo e Gesù traccia questo disegno meraviglioso: i due non sono più due, ma una caro, una sola realtà, quell’unità che è una delle caratteristiche di Dio, perché, come ricorda la preghiera dello Shemà, Dio è uno, il nostro Dio è uno, unione, unità.
Però quanta fatica facciamo a capirlo! Ancora oggi l’amore umano si può capire solo tornando all’origine, lasciandoci raccontare questa meravigliosa storia per cui l’umanità è nata da un atto d’amore di Dio. Cerchiamo di testimoniare questo amore, che non è mai così grande come quando il maschile e il femminile si uniscono in un’unità nuova”.