“La via per arrivare a me è la via dell’amore”

La Trentunesima Domenica del Tempo Ordinario è caduta quest’anno in prossimità del 2 novembre, commemorazione di tutti i fedeli defunti, e perciò padre Placido, commentando il Vangelo della domenica, non ha potuto non fare un riferimento anche a coloro che ci hanno preceduto, con i quali siamo uniti mediante il triplice amore di cui parla il Vangelo; ecco le parole del parroco:

“È un comandamento antico quello che ci indica la via dell’amore, l’amore di Dio che è il nostro Dio, come dice Mosè, il nostro Signore, che, come completa ogni israelita, è unico. E la santità di Dio consiste in questa unità: Dio ama profondamente se stesso perché è se stesso in verità e questo amore non è un amore che procede dall’ego, bensì un umore comunitario, perché trinitario, in quanto, amando se stesso, Dio crea una circolarità di amore tra le tre persone che diventa amore che si espande nell’intero universo.

Dio è uno, ma è una comunità di amore e questo comandamento antico, che ogni israelita ripete citando il Deuteronomio, ‘ascolta, Israele’, come sarebbe importante che Israele lo ascoltasse anche ora! E potrebbe essere figlio primogenito che mostra la via della pace, della verità, della bellezza! Ma attenzione: siamo noi il nuovo Israele, a noi Dio dice: ascolta, io sono il tuo Dio, io sono l’unico e la via per arrivare a me è la via dell’amore. Ma non un amore qualunque, un amore estemporaneo; dev’essere un amore con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze.

Ma a questo comandamento antico il Cristo aggiunge il secondo comandamento; lo scriba aveva chiesto il primo, ma, siccome non puoi pensare che Dio voglia cose che non vuole, l’amore di Dio si unisce all’amore per il prossimo: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, tutto ciò che è male e inganno e sopraffazione devi toglierlo, perché se non c’è amore del prossimo non c’è amore di Dio.

Ma stai ancora attento, perché potresti pensare di amare il prossimo, però se non ami te stesso allora non ami neanche il prossimo. Ecco il triplice comandamento dell’amore. E basterebbe onorare questi per onorarli tutti: persino lo scriba, studioso della Torah, anche lui dice che è proprio vero che questi comandamenti sono tutto e non c’è bisogno di altro. Eppure ancora dopo duemila anni di cristianesimo facciamo mille distinguo… devi voler bene, ama! Spesso ci facciamo del male, non ci amiamo, ci critichiamo continuamente, ci sentiamo sbagliati: questo non è lo sguardo di Dio. Amati con lo sguardo che ha avuto Dio nel crearti e saprai amare il tuo fratello e la tua sorella, perché avendo compassione di te stesso sarai capace di essere compassionevole verso gli altri e da questo amore nascerà la via che ti porterà fino a Dio.

Francesco d’Assisi, arrivato a Spoleto col suo cavallo pronto ad andare in Puglia per partire per la Terra Santa come guerriero, vede in sogno un signore che gli mostra una casa piena di cavalieri e gli chiede: chi ti può essere più utile, il servo o il padrone? La risposta era ovvia: il padrone; ma qui il signore nel sogno dice: allora perché continui ad andare dietro al servo? Francesco torna ad Assisi, ma non sa cosa fare; e da cosa comincia? Non dallo studio della Scrittura; Francesco vede dei lebbrosi e comincia ad aiutarli e lui dice che lì quello che gli era amaro divenne dolce e smise di adorare se stesso. Chi adora se stesso non si ama, ma si odia; solo chi smette di adorare il proprio ego e comincia a voler bene al proprio sé profondo inizia ad amare Dio.

Tutto questo per i nostri cari che sono di là è intuitivo; adesso facciamo fatica e Dio non ci dispensa dalla fatica del cammino, però ci dà una piccola grande luce che ci permette di andare avanti passo dopo passo. Chiediamo al Signore di onorarlo e benedirlo nei nostri cari e onorare e benedire il cammino sul quale ci ha incamminato”.