“Non chiediamoci dove è finito Dio, ma dove è finito l’uomo”

La Quinta Domenica di Quaresima presenta il famoso brano di Vangelo dell’adultera che dev’essere lapidata e ai cui accusatori Gesù dice: “Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. Su questo ha riflettuto padre Placido nell’omelia; ecco le sue parole:
“‘Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?’. Entrare nella casa del Signore significa essere disposti a cogliere questa novità, questo germoglio. È una questione di attenzione, una questione di fede: siamo qui, nella casa di Dio, ed egli ci dice che sta facendo qualcosa di nuovo per noi. Non cerchiamo fuori: la novità è dentro di noi. Il Signore fa sorgere qualcosa di vivo, certamente piccolo e fragile, eppure nuovo in noi. Nuova deve essere la nostra fede, nuova la speranza, nuova la carità che troviamo in noi, nuova è la lettura che diamo di noi stessi: non dovremmo mai uscire da un incontro col Signore non tanto non avendo capito di più chi è lui, perché la cosa più necessaria è avere capito chi siamo noi. Il Signore ci restituisce, amandoci, la nostra vera identità. È un cammino di conoscenza e adesione a Lui, nel quale risplende di più il nostro volto e che ci dà anche la fiducia di crescere e di affrontare le inevitabili difficoltà e le sfide.
Dio fa grandi cose per noi, abbiamo detto col salmo; e Paolo dice che questa novità di Dio ci rapisce, ci cattura, ci abbraccia. Di più: Paolo arriva a dire che tutte le cose passate sono spazzatura. Lui, che poteva vantare di essere un osservante, uno a posto con Dio, proprio lui capisce che non c’è nulla di cui vantarsi: dimentico del passato e proteso verso il futuro, dice Paolo, perché c’è desiderio di futuro in noi, c’è desiderio di cose vere. E forse in questi giorni lo vediamo questo desiderio, il desiderio di un’umanità riconciliata: non ne possiamo più di tutte queste notizie terribili di cattiveria, di miserie, di sopraffazioni… dove siamo finiti? Non chiediamoci dove è finito Dio, ma dove è finito l’uomo, dove è finita l’umanità. Chi ci insegnerà a essere ancora umani? Dio è colui che ci insegna a essere pienamente umani, perché per amore nostro si è fatto pienamente uomo, è l’uomo-Dio che ti rivela chi sei. La tua misteriosa composizione di elementi di fragilità ed elementi di salvezza, di novità e di luce e di ombra, la nostra ombra e la nostra luce che convivono ci spingono entrambe ad aderire al Cristo, che ci mostra il nostro vero volto.
Ecco allora l’episodio del Vangelo: ‘Portavano una donna sorpresa in flagrante adulterio’. Come ci piace sorprendere in errore e nel peccato le persone! Siamo proprio sadici! Non crediamo che le cose orrende che vediamo nelle guerre siano lontane da noi: Satana è sempre pronto e l’ego è sempre superbo e agitato e noi siamo tutti un po’ agitati e superficiali e pronti subito ad accampare scuse… quanto raccolto sta facendo Satana! Ma noi abbiamo un Dio che ci ama e quando lo spirito del male arriva a condannare questa donna e a farla portare nel tempio, luogo sacro, dove Gesù stava insegnando, egli, che certo non insegnava a vendicarsi, ma a perdonare, non a giudicare, ma a comprendere – e mentre per gli scribi e i farisei, che vivono nel cuore di ognuno di noi,  quella donna andava lapidata – Gesù aspetta e scrive per terra. Quando qualcuno è molto violento non contrapponiamo violenza; psicologicamente Gesù fa una cosa stupenda: mette spazio, prende tempo, come un bambino, e scrive col dito per terra. Di fronte a noi, che ci sentiamo grandi soprattutto quando siamo violenti o possessivi o ci vogliamo imporre, Gesù si fa bambino e scrive per terra: ecco il tuo Dio. E dopo averli placati si alza e quando il Cristo si alza loro lasciano cadere le pietre a terra e se ne vanno.
Allora restarono solo la misera e la misericordia, come dice Sant’Agostino. Gesù ha la dignità di rispettare la dignità degli altri. Per lui non è una donnaccia, non è un’adultera, non è una peccatrice; egli la chiama ‘donna’. È un titolo nobile, di riconoscimento, che Gesù applicherà anche a sua madre: Gesù chiama questa adultera come sua madre. E così la fa emergere e le permette di riacquistare la voce. Ma pensiamo a cosa vuol dire essere strattonata e buttata a terra, essere in attesa che tirino le pietre, dare per certo che verrai uccisa e di colpo ti ritrovi con uno che ti dice ‘donna’. E lei non deve neanche dire che ha sbagliato; quanto siamo sciocchi quando cerchiamo di giustificarci col Cristo. Egli anticipa: ‘Neppure io ti condanno, vai in pace non peccare più’. Così fa solo Dio. I grandi della terra, duemila anni dopo, dopo secoli di filosofia e tecnica e scienza e santità, guardate cosa fanno! Qui ci vuole Dio che ci rimetta a posto, perché questi sono diabolici!
Stiamo vicini al Cristo, perché davvero il nostro mondo ha bisogno di questa donna, che forse ha anche sbagliato, ma ha incontrato Dio che gli ha ridato la sua dignità e l’ha rimessa in cammino. La nostra Messa è incontrare Gesù per poi rimetterci in cammino e tutti ne abbiamo bisogno. Stiamo un momento in silenzio con Gesù, che ci guarda e ci perdona e ci rimette in cammino”.