
La Veglia Pasquale illumina la notte che piomba sul mondo al momento della morte del Cristo e la luce del cero pasquale, la luce della Risurrezione, ci illumina anche sul valore della notte. Su questo ha riflettuto padre Placido nella notte di Pasqua, invitando a trovare un senso anche alle nostre notti; ecco le parole del parroco:
“Ecco una notte importante! La nostra fede ci ha insegnato anche il valore della notte: benedetta notte! Se fosse sempre giorno e avessimo la forza di farlo, forse lavoreremmo come matti sempre; ma arriva la notte e bisogna fermarsi, bisogna entrare in quel tempo e in quello spazio magico che dà ristoro al corpo e alle volte ci porta a visitare luoghi sconosciuti e, col tempo, magari anche a saper decifrare un insegnamento nascosto, così come fece Giuseppe e tanti uomini santi e donne con lui, che seppero cogliere la voce di Dio sussurrata nella notte.
La notte però non è solo luogo di ristoro: alle volte di notte emergono le nostre fatiche, le nostre paure. Ci siamo lasciati giovedì, alla Messa ‘In Coena Domini’, con Giuda che usciva dal cenacolo per andare tristemente a tradire Gesù; e Giovanni notava: uscì ed era notte. È la notte del tradimento, la notte dell’errore, la notte dell’egoismo, la notte del tornaconto personale, la notte dei trenta denari. Ma quella notte non si fermò lì, quella notte proseguì al Getsemani, nell’orto degli ulivi: era ancora notte quando Gesù cominciò a sudare sangue. È la notte del dolore fisico: quante notti, quanti fratelli e sorelle che passano queste notti nel dolore fisico! E poi arrivarono i soldati e allora quella notte si riempì di paura e gli apostoli fuggirono. È la notte delle nostre paure, quando hai paura di non farcela, quando hai paura di essere sbagliato, quando hai paura di tutte le paure del mondo. E infine c’è la notte del buio della morte: si fece buio su tutta la terra. È la notte pietosa del sepolcro dove Cristo viene adagiato.
Ecco: tutte queste notti sono assunte e trascese in questa notte. Questa è la notte in cui il Cristo ha vinto la morte e dalle tenebre risorge vittorioso. Ecco la notte che ci serve per vincere le altre notti! Ecco la notte in cui abbiamo acceso un fuoco nuovo, sacro, benedetto, che deve simboleggiare la nostra fede. Stiamo trascinando una fede che non fa più luce, stiamo trascinando una fede che non ci scalda più il cuore, stiamo trascinando una fede che sa di cenere e non di fiamma viva. Questo fuoco ci è necessario, dobbiamo imparare a riattivarlo, a riaccenderlo, ad alimentarlo, a custodirlo, perché è l’unica cosa che potremo davvero lasciare ai nostri figli andandocene da questo mondo: il fuoco della passione per la vita, per la verità, per la bellezza… quel fuoco sacro che chiamiamo amore.
Questa è la notte in cui un fuoco sacro ha vinto tutte le nostre notti e ha riacceso nel cuore la speranza. E che ognuno accende nel proprio cuore questo fuoco sacro non sembri piccola cosa per la notte profonda che sta avvolgendo il mondo: davvero ci sono mani di tenebra che stanno afferrando il mondo e lo stanno portando quasi a soffocare. Ma non maledire la notte, non maledire il buio; piuttosto accendi una luce, come abbiamo fatto insieme in questa notte. Il cero pasquale, nato dal fuoco nuovo, è l’inizio di tutte le luci, è il Cristo risorto, che con la sua mano ferita ci comunica la sua luce. E subito non è più notte, perché c’è il conforto della sua presenza.
Ci lasciamo prendere da questa luce nuova, da questa nuova benedizione. Tra poco benediremo l’acqua, perché tutto il creato concorre qui: acqua, fuoco, spirito, aria, tutto concorre a generare creature nuove che vogliono illuminare la notte di questo mondo. Affidiamoci al tocco del Risorto e in un momento di silenzio lo accogliamo, perché illumini le nostre notti“.