“Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”

La Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario ha coinciso quest’anno con la solennità dei santi Pietro e Paolo apostoli e proprio sulle loro figure si è concentrato padre Placido nella sua omelia, mostrando con la loro testimonianza e il loro esempio siano di estrema attualità. Ecco le parole del parroco:

“Viviamo oggi la gioia di celebrare con gratitudine la festa degli apostoli Pietro e Paolo. Abbiamo la gioia, ma forse anche un pochino di imbarazzo di fronte alla loro grandezza, la loro generosità, il modo in cui si sono fatti carico dell’annuncio del Vangelo perché ogni creatura potesse essere immersa nell’amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Certo non fu un compito facile, non fu una sequela così scontata, né per Pietro né per Paolo. Pietro, il pescatore, uomo molto concreto, molto fermo nei suoi propositi e nelle sue idee, ma anche alle volte lento a comprendere: ricordiamo che egli non comprese quando il Cristo parlò della sua passione e addirittura gli obiettò: no, questo non ti succederà mai! Al punto da essere chiamato Satana dal Cristo; oppure ancora nell’Ultima Cena, quando disse: tu non mi laverai mai! Questi ‘mai’ che Pietro mette tutti fuori posto, perché l’eternità appartiene a Dio e allora come fa l’uomo a dire mai? Pietro deve proprio confrontarsi con questo Signore che lo sconvolge, lo mette alla prova e lo richiama duramente, per poi riaccoglierlo, fino al giorno del tradimento, quando l’evangelista Luca sottolinea che Gesù, passando, guardò Pietro che aveva già tradito e lui, uscito fuori, pianse amaramente.

Ecco la dinamica del rapporto con il Maestro: non ci racconta che siamo sempre bravi bambini, bensì è una dinamica di vita, il Maestro ci guida e noi alle volte lo seguiamo e altre volte no, alle volte cadiamo ed egli ci perdona, ci rimette in gioco, fino a quel giorno in cui dice a Pietro: tu sei roccia, tu sei masso e lo sei diventato non per la tua carne e il tuo sangue, ma perché lo Spirito ti ha rivelato che sono il Cristo. Ecco la via di salvezza di Pietro: diventiamo roccia stabile su Cristo quando seguiamo le vie dello Spirito, non quando seguiamo la carne e il sangue.

Non fu facile nemmeno per Paolo, che era Saulo e diventò Paolo, cioè ‘piccolo’, ‘piccola cosa’. Quest’uomo di un’intelligenza incredibile, al punto da essere addirittura forse troppo schiavo della sua stessa intelligenza; Paolo con i suoi dotti ragionamenti arriva a convincersi che deve perseguitare i cristiani, al punto da arrestarli e ucciderli. Paolo prima della conversione è l’immagine di questo mondo: ascoltateli i grandi della terra, che fanno tutti i ragionamenti per dirci che la guerra è giusta, che è giusto uccidere, che non ci si può ribellare e non si può dire che stanno sbagliando, bisogna far finta di niente… quando l’intelligenza si perde dietro se stessa diventa l’antitesi di Dio. Ma Saulo, persecutore, cade dal cavallo delle sue convinzioni e rimane cieco, perché non sa davvero quale sia la luce della verità; però umilmente riparte e diventa talmente tempio dello Spirito da diventare Paolo e dire: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.

Che meraviglia questi fratelli! Perché sono fratelli, non mettiamoli troppo per aria, non diciamo che sono santi solo per allontanarli da noi: noi cosa dobbiamo diventare? Santi, proprio come loro! Allora seguiamoli: hanno faticato tanto anche loro, hanno avuto incomprensioni con il Cristo anche loro e anche tra loro due, perché accade anche che Paolo viene a dire a Pietro che è troppo succube dei giudei, mentre il Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi. Che franchezza c’era nella Chiesa! Altro che far finta che va tutto bene, altro che tutto questo parlare paludato, guai a dire una parola… non è lo Spirito che agisce così, perché dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà e anche generosità, sequela, fino all’ultimo istante, fino a dare la vita.

Pietro dà la vita e anche Paolo capisce che anche lui a Roma dovrà dare la vita per il Vangelo. Ringraziamo questi fratelli: a duemila anni di distanza la loro testimonianza e il loro esempio non hanno perso niente della forza e della freschezza e dell’attualità che ebbero allora. Adesso in un attimo di silenzio li preghiamo con fede e chiediamo di avere la grazia di imitarne le virtù e la fede”.