Nella sesta domenica del Tempo Ordinario, l’ultima prima della Quaresima, alle Messe hanno partecipato in particolare i bambini di quarta e quinta elementare con le loro famiglie. A loro si è rivolto specialmente padre Placido, che però, come sempre, parlando ai piccoli ha in realtà fatto riflettere anche i grandi.
La riflessione è partita come di consueto dai brani della Scrittura proposti della liturgia, nei quali ricorre il tema della lebbra. In particolare il Vangelo (Mc 1,40-45) presenta Gesù che guarisce un lebbroso: “La lebbra è una malattia che purtroppo esiste ancora, ma che era molto diffusa ai tempi di Gesù – ha spiegato padre Placido – una malattia della pelle molto invalidante, che scende anche in profondità. Ma cosa c’entra con noi?“.
La domanda, in effetti, sorge spontanea: cosa può dire a noi un brano di Vangelo in cui viene curato un lebbroso? Nel brano stesso secondo il parroco sta la risposta: “Se il Vangelo ci raccontasse semplicemente che Gesù guarisce i lebbrosi, noi potremmo pensare che, siccome fortunatamente non siamo lebbrosi, Gesù non ha niente da dirci. Ma non può essere così, e in effetti c’è una piccola spia nel Vangelo: ‘Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»’. Possiamo chiederci: perché si parla di purificare? Perché il Vangelo non usa il verbo guarire?“.
Davanti alla lebbra, in effetti, il verbo che viene più facilmente in mente è quello della guarigione, qui invece si parla di purificare: “Purificare – ha spiegato padre Placido – significa ‘rendere puro‘, e quand’è che una cosa è pura? L’acqua è pura quando non c’è niente in essa oltre all’acqua stessa; l’oro è puro quando è solo oro, per cui se con esso si mescola del ferro o altro, quello non è più puro; quando una cosa diventa se stessa, allora raggiunge la purezza. Secondo questa logica dobbiamo oggi leggere anche la lebbra dell’episodio evangelico: questa malattia, che rovinava la pelle a quell’uomo, non era una cosa che gli apparteneva, non era lui quella malattia”.
Ecco dunque in che modo anche questa pagina del Vangelo parla a noi oggi: “La lebbra è una malattia che corrode, e ciò che corrode ognuno di noi è il peccato, il male. Qualcuno però potrebbe dire: quale grande peccato ho mai fatto? In realtà nessuno può sentirsi escluso da questo Vangelo: esso riguarda il cammino di ogni cristiano”.
Per capire in che senso riguardi ogni cristiano, è sufficiente pensare al cammino sacramentale: “Quando eravamo piccoli siamo stati portati al fonte battesimale e lì l’acqua ci ha toccato: l’acqua sempre lava, pulisce, ed è prodigiosa, perché si può anche sporcare, ma poi trova il modo di pulirsi: passa tra i sassi e tra le erbe e lascia che si depositi ciò che non è suo, per rimanere limpida; quell’acqua del Battesimo ci ha detto che siamo figli di Dio, siamo amati da Dio: questa è stata la nostra purificazione“.
Quello è stato però l’inizio del cammino, e da lì in poi quel seme di purificazione deve crescere: “Nel Battesimo abbiamo imparato che la nostra purezza è essere semplicemente noi stessi, e allora a questo siamo chiamati a tendere: puoi avere tante cose, ma nessuna cosa deve avere te, perché se le cose si impadroniscono di te, allora non sei più puro; puoi usare le cose, e devi usarle bene, ma le cose non devono usarti. Purtroppo ci sono persone che impazziscono per il gioco, per il denaro, per il successo, per il potere: questa è lebbra!”.
È da questa lebbra che, anche dopo il Battesimo, Gesù continua a purificarci: “Nel Battesimo ci è stato dato lo Spirito Santo, quel vento che purifica l’albero in autunno, quando i rami non vorrebbero lasciar cadere le foglie morte, temendo che perdendole non ne avrà più per sempre; e invece arriva il vento e porta via tutto ciò che è vecchio, tutto ciò che è morto, e così l’albero è pronto a tornare vivere, è pronto per la primavera. Così accade a noi ogni volta che ci lasciamo purificare dal Signore”.
Questa purificazione, nel cammino sacramentale, richiama subito il Sacramento della Riconciliazione: “Nel Battesimo – ha ricordato infatti il parroco – è fondamentale anche il segno della luce, che è proprio anche la luce del perdono: quando si vogliono davvero purificare coperte e lenzuola bisogna metterle alla luce del sole, che pulisce e libera”.
Tutto questo ci insegna l’episodio della purificazione del lebbroso, facendoci rileggere tutto il nostro cammino sacramentale: “Da questo brano impariamo che Dio può fare per noi tutto questo; però comprendiamo pure che ci vuole anche la nostra collaborazione: ascoltare la Parola, pregare lo Spirito Santo, mettersi sotto la luce di Dio. Il lebbroso del Vangelo supplica il Signore: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!’, e Gesù risponde: ‘Lo voglio, sii purificato!’, e prima ancora che la purificazione avvenga Gesù già tende la mano e lo tocca; tra di noi spesso avviene che solo se già siamo bravi, solo se siamo a posto ci si aiuta, mentre Gesù ci tende la mano prima ancora che siamo guariti, e lo fa proprio perché possiamo guarire”.
Di qui la conclusione di padre Placido, che ancora una volta riporta il Vangelo dentro la nostra vita: “Qualunque cosa succeda, Gesù ci sta sempre vicino e non aspetta che diventiamo migliori per volerci bene: questo è il tocco di Gesù. Preghiamolo perché anche in questi tempi di prova siamo toccati da Lui, per poter tornare presto a festeggiare insieme!”.