“Permetti solo al Signore di entrare e scriverti nel cuore!”

“Il giovedì sera ci fermiamo un po’ più di tempo a riflettere: è qualcosa che non si riesce a fare appieno nemmeno nelle Messe domenicali”: così ha ribadito padre Placido anche giovedì 4 febbraio, nell’omelia della Messa questa settimana dedicata alla preghiera per le vocazioni, come la Diocesi invita a fare in ogni primo giovedì del mese.

“Questa nostra preghiera e riflessione per le vocazioni cade proprio in un giorno in cui ci è proposto il Vangelo della chiamata dei dodici discepoli“, ha esordito il parroco, aggiungendo subito che “dobbiamo sentire che questa chiamata riguarda anche la nostra vita: siamo persone cercate, amate, chiamate; è triste quando nessuno ci cerca, ma se anche dovesse accadere che nessun essere umano più ci cercasse, nella nudità della preghiera possiamo sentire che il Cristo ci chiama e ci ama“.

Questa chiamata e questo amore erano già chiaramente indicati nella prima lettura: “Il viaggio comincia dalle prime parole del brano di quella meraviglia che è la Lettera agli Ebrei: ‘Voi non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba’ (Eb 12,18-19): questo passo rimanda al libro dell’Esodo, quando Mosè riceve le tavole della legge sul monte Sinai: è lì che accadono questi fenomeni, e si dice che gli ebrei si spaventano e tremano e temono di morire. Per noi invece, dice la Lettera agli Ebrei, non è stato così: ‘Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele’ (Eb 12,22.24): noi ci accostiamo a questa realtà”.

Cosa significa però concretamente accostarci a questa realtà? Padre Placido così ha risposto: “Se potessimo vedere con gli occhi del corpo che cosa accade quando noi siamo qui a pregare, quando il sacerdote consacra! Un santo disse che aveva visto un angelo e gli era sembrata una divinità; a noi la Lettera agli Ebrei dice che ci accostiamo a miriadi di angeli, ci dice che misteriosamente entriamo in contatto con realtà grandissime e bellissime! Se potessimo vederlo con gli occhi del corpo probabilmente ci spaventeremmo anche noi!”.

Questa realtà nella quale veniamo immersi è ovviamente la realtà del Cristo: “È di Gesù il ‘sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele’, come lo definisce la Lettera agli Ebrei: il sangue di Abele ucciso nella Genesi gridava a Dio dalla terra, ora il sangue del Figlio di Dio parla a nostro favore, intercede per noi, è la voce dell’eloquenza divina!”.

Questa voce è la stessa che nel Vangelo, come si diceva all’inizio, chiama i discepoli: “Il Cristo – ha spiegato padre Placido – chiama i dodici e li manda a due a due, cioè li invita a superare la logica solitaria dell’uno per aprirsi alla comunità, all’altro, e ‘dava loro potere sugli spiriti impuri’ (Mc 6,7)”. Questo mandato riporta il discorso su quella realtà grande di cui si parlava poco sopra: “Noi pensiamo che gli esorcismi e le guarigioni riguardino solo quei pochi che hanno avuto la fortuna di incontrare Gesù, come ci sono presentati nel Vangelo; ma in realtà questa è una realtà costante, quotidiana”.

Quella realtà grande con la quale entriamo in contatto, dunque, ha anche il lato del male: “Noi tutti abbiamo bisogno di essere liberati dall’immobilismo, dalla paura, dalla morte, e a poterci liberare è solo il Figlio di Dio: ecco l’esorcismo, ecco la guarigione! Ogni giorno abbiamo bisogno di essere liberati dalle nostre ossessioni!”.

A poterlo fare è appunto il Cristo, e padre Placido ha spiegato in che modo possiamo capirlo riprendendo anche le parole del Vangelo della scorsa domenica: “Domenica ci veniva detto che quello di Gesù è un insegnamento nuovo, dotato di autorità: questo perché egli è l’unico vero autore della nostra vita. E allora possiamo chiederci: riconosci nel Cristo l’autore della tua vita? Oppure da chi ti stai facendo scrivere la vita? Purtroppo ci sono cristiani disorientati che fanno dei castelli per aria, vedono solo disastri e paure, stanno a sentire quello o quell’altro e non fanno mai riferimento alla Parola di Dio”.

Solo Dio è l’autore della vita, e a noi sta il compito di permettergli di agire: “Permetti solo al Signore di entrare e scriverti nel cuore ed Egli ripeterà anche a te quel che disse ai discepoli: partite senza portarvi né pane, né sacca, né denaro, perché non si può seguire il Vangelo se si è troppo attaccati alle cose di questo mondo, non si può servire a Dio e a mammona! E se in qualche casa non vi accolgono scuotete la polvere dai piedi e andate via, perché la presenza di Dio non si può imporre, ma solo mostrare”

Ecco dunque la preghiera che padre Placido ha suggerito di rivolgere al Signore: “Fermiamoci un momento, diciamo al Signore: sei tu l’autore della mia vita! Lasciamoci rasserenare e guarire il cuore!”.