La consueta Messa della sera del giovedì, in cui padre Placido invita a soffermarsi un poco più del solito sulla Parola di Dio, nella Quarta Settimana di Quaresima è coincisa con la vigilia della solennità di San Giuseppe. Così il parroco ha colto l’occasione per celebrare lo Sposo della Vergine Maria nell’anno che papa Francesco ha dedicato proprio a lui; l’ha fatto con l’Adorazione Eucaristica, che è seguita alla Messa, e nell’omelia della Messa stessa.
“Le letture che la liturgia ci offre nella solennità di San Giuseppe ci permettono di cogliere la continuità tra la promessa fatta a Davide e il suo compimento. ‘Così dice il Signore: io susciterò un tuo discendente dopo di te e renderò stabile il suo regno’ (2Sam 7,12): questa promessa si compie in Gesù proprio attraverso Giuseppe, che era della tribù di Davide. In questo modo, come dice Papa Francesco, Giuseppe è un po’ la cerniera tra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra le promesse e il loro compimento”.
Questo ruolo di Giuseppe potrebbe sembrare più subìto che voluto, ma in realtà lo sposo di Maria è tutt’altro che inconsapevole del suo essere cerniera tra Antico e Nuovo Testamento: “Possiamo chiederci: come avviene questo compimento? Attraverso la docilità e l’obbedienza di quest’uomo, di Giuseppe. E questo dovrebbe farci riflettere su quanto la componente umana sia importante nella storia della salvezza, cioè di come questo mondo abbia bisogno di uomini e donne docili allo Spirito perché si compia la salvezza”.
Giuseppe in questo modo, con il suo atteggiamento di obbedienza e la sua scelta di accoglienza del disegno di Dio, diventa esempio per ogni fedele: “Giuseppe è certo un modello inarrivabile, ma proprio in questa santità così grande ci mostra la luce sfolgorante che abita la quotidianità dei gesti semplici: nel lavoro, nella vita in famiglia, nell’accudire le persone che Dio gli ha affidato”.
La santità di San Giuseppe è insomma la santità del quotidiano, e così egli è davvero sempre pronto ad accogliere le nostre semplici preghiere di tutti i giorni: “Affidiamo a Giuseppe le persone che abbiamo in cuore, affidiamogli le nostre famiglie, affidiamogli le nostre comunità, affidiamogli questo tempo della storia travagliato da mille problemi, che la pandemia non ha fatto che aggravare. Rivolgiamoci a lui come quando, nel libro dell’Esodo, andando dal faraone a chiedere il cibo in tempo di carestia, tutti si sentivano dire: ‘Ite ad Joseph’, ‘Andate da Giuseppe’; quello era un altro Giuseppe, era il figlio di Giacobbe, ma diventa figura di questo Giuseppe, che si fa segno di salvezza e di provvidenziale aiuto da parte di Dio“.