L’Undicesima Domenica del Tempo Ordinario presenta il Vangelo della tempesta sedata (Mc 4,35-41), e su questo si è concentrato padre Placido nella sua omelia.
“‘Venuta la sera’, così si apre il Vangelo oggi. Cosa aveva fatto Gesù quel giorno? L’abbiamo ascoltato domenica scorsa e ci abbiamo riflettuto sopra: Gesù aveva predicato su una barca, l’aveva fatta allontanare un po’ da riva per avere un po’ di spazio e tutti erano stati lì davanti ad ascoltare; Gesù aveva parlato del contadino che mette il seme nella terra, e poi il seme cresce, e lo fa mentre il contadino dorme: qualcosa di grande e misterioso“.
Un racconto semplice, e in apparenza slegato dalla nostra vita quotidiana, ma che come sempre si rivela molto importante anche per noi oggi: “Anche noi alla sera ci chiediamo a volte cosa abbiamo fatto durante il giorno, e ognuno potrebbe raccontare la propria giornata: è bello, prima di addormentarsi, raccontare un po’ al Signore com’è andata, e anch’io – ha detto il parroco – qualche volta mi sorprendo a spiegargli come sono andate le cose; e farlo è importante, perché raccontando a Lui magari capisco meglio anch’io, magari provo a convincerlo che quella cosa lì andava fatta proprio così”.
Anche Gesù quella sera deve aver ripensato alla giornata trascorsa, e avendo nel cuore quelle parole che aveva pronunciato, e ricordando quanti l’avevano ascoltato, deve aver preso la decisione descritta nel Vangelo: “Quella sera Gesù disse: ‘Passiamo all’altra riva’ (Mc 4,35). Questa è un’immagine che alle volte noi usiamo ai funerali per dire che si passa al di là; ma ogni sera c’è un passaggio, ogni giorno comporta dei cambiamenti: abbiamo sentito anche la lettera di Paolo (cfr. 2Cor 5,14-17): le cose vecchie sono passate e ne sono nate di nuove. Ecco, il Signore chiama anche noi a fare il passaggio. Ma quale potrebbe essere per noi questo passaggio? Il Vangelo sembra suggerirne uno”.
A suggerirlo, in effetti, è proprio il racconto della tempesta che si snoda da qui in poi: “Mentre viaggiano, a un certo punto si levano i venti lì sul lago di Gennesaret, dove questo succede spesso: si creano turbolenze pazzesche; e Gesù sta a poppa e dorme. Come abbiamo ricordato, Gesù aveva detto delle parabole, cioè, raccontando del seminatore, egli stesso aveva seminato, aveva gettato il seme, e ora stava dormendo. C’è qualcosa del sonno dei bambini in questo sonno di Gesù: solo i bambini piccoli riescono a dormire dappertutto, anche in mezzo a tanti rumori; Gesù ha veramente una piccolezza fatta di totale fiducia nel Padre, per cui può dormire come un bambino piccolo. E può farlo per un motivo: si fida di Dio, ha annunciato la Parola e sa quindi che adesso il seme crescerà“.
Eccolo dunque il vero passaggio, e la valenza che questo episodio ha per noi oggi: “Magari riuscissimo a sentirla questa fiducia di Gesù nei nostri riguardi! Non si va via mai dalla Messa senza portarsi qualcosa, ed è qualcosa di vivo che piano piano cresce: quello che viene dato qui viene messo nella terra e darà frutto. Questo è il passaggio che Gesù ci invita a fare! Quella sera dovettero addirittura svegliarlo, perché non si svegliava, tanta era la sua fiducia. Mentre a noi davanti al suo sonno nasce subito la domanda che pongono i discepoli: ‘Maestro, non ti importa che siamo perduti?’ (Mc 4,38). Quanta sofferenza in questa preghiera! Ma è il sentimento che abbiamo anche noi tante volte: a Dio importa di me? A qualcuno importa di me e di noi?”.
Davanti a questa drammatica domanda la risposta di Gesù non ammette repliche: “Il Signore rimproverò i discepoli allora e rimprovera noi oggi: come potete pensare che non mi importi di voi? Ve l’ho già detto un’altra volta: Dio veste i gigli del campo in modo stupendo, e voi siete molto più preziosi dei gigli! Però alla prima onda che si solleva siamo subito pronti a pensare che Dio non si interessa, alle volte perdiamo la speranza e la fede per cose da poco”.
Che fare quando così facilmente ci assale il dubbio? “Anche quando le onde sono davvero alte non dobbiamo mai dubitare: Dio ci ama! Ecco il passaggio all’altra riva: non avere più paura! Perché non hai ancora fede? Cominciamo ad avere fede! E allora, insieme ai discepoli, ci chiederemo: ‘Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?’ (Mc 4,41). Avere fede significa domandarsi ogni giorno: ma chi è costui al quale sta a cuore la mia vita e a cui tutto l’universo è pronto a dare obbedienza?”.