“Fin dal grembo materno Dio ci ha scelti, amati e consacrati”

Nella sua omelia nella Quarta Domenica del Tempo Ordinario padre Placido è partito dalla constatazione che il Vangelo proposto dalla liturgia è la prosecuzione di quello di domenica scorsa, di cui ora sentiamo in qualche modo il finale. E forse non è il finale che ci saremmo aspettati… ecco il testo della riflessione del parroco:

Il Vangelo di oggi comincia là dove finiva il Vangelo di domenica scorsa: Gesù era nella sinagoga di Nazaret e il racconto si fermava proprio qui, dove Gesù diceva: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Che bello: una sinagoga piena e Gesù che dice: sono io che realizzo ciò che avete ascoltato. Potevamo immaginare, fermandoci a ciò che abbiamo letto domenica scorsa, che fosse stato un trionfo: Gesù aveva dato compimento alle parole di tutti i profeti! E invece oggi scopriamo che non è proprio così: «Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città»; per fare cosa? Volevano ammazzarlo!

E noi cosa vogliamo fare? Anzitutto lodiamo questo fatto bellissimo: da dove ci siamo fermati domenica scorsa ripartiamo oggi. Sarebbe bello che ci accorgessimo di queste tappe: ogni domenica è un dono che ci rimanda alla prossima e già si è aperto nella domenica precedente; la fede è anche accorgersi che la Parola ci accompagna passo dopo passo e la Parola di oggi è davvero la Parola del nostro oggi: oggi si compie questa profezia, oggi è per noi questo dono, questa nostra chiesa è la sinagoga di Nazaret, è qui che siamo venuti ad ascoltare una parola che può consolarci, ma anche farci arrabbiare.

Cos’è che fa arrabbiare così i cittadini di Nazaret? Il fatto che quell’uomo, che conoscevano così bene, Gesù, il figlio del falegname Giuseppe, abbia l’ardire di dire che non è lì perché Nazaret è casa sua o perché quello è il posto migliore che c’è al mondo; non è lì perché come gli abitanti di Nazaret non c’è nessuno al mondo: no! Quel profeta è lì non per assoggettare gli animi delle persone dicendo quello che vogliono sentirsi dire: come sarebbe stato bravo Gesù ai loro occhi se avesse detto qualcosa come ‘voi di Nazaret siete i migliori di tutti’: se li sarebbe comprati tutti! Ma Dio non è venuto a comprarsi nessuno; Dio è venuto a liberare tutti. E da cosa ci libera? Proprio da questa presunzione, che diventa un ostacolo enorme sulla via di Dio.

La presunzione c’è in tutte le sinagoghe, in tutte le chiese, in tutti i templi: ‘se veniamo qui è perché noi siamo gente in gamba, perché noi siamo il meglio’. Gesù rischia di essere fatto fuori perché dice il contrario: l’uomo religioso che non diventa spirituale è una delle persone più chiuse, più cattive, più giudicanti che ci sono sulla terra! La religione senza spiritualità finisce per esaltare il tuo lato oscuro!

E allora arriva il profeta e non ti dice bravo; ti dice piuttosto: vi ricordate quella volta che non pioveva da tre anni da chi è andato il profeta Elia? È andato a Sarèpta di Sidone da una vedova pagana, con tutte le vedove che aveva Israele! Chi ha sanato Elia dalla lebbra, segno dell’essere nel peccato, dell’essere perduto? Ha purificato Naamàn, dalla Siria, un altro pagano! ‘Ma non venire a dirci queste cose! Non siamo forse noi il popolo eletto? Dio non è forse dalla nostra parte?’ Dio è certamente dalla tua parte, ma in un modo che tu nemmeno immagini! Togliamoci dalla testa che basti dirsi cristiani per essere migliori degli altri! Se pensiamo così avremo tante sorprese! Con Dio non si scherza: devi essere autenticamente te stesso!

Noi diciamo le cose, ma chissà quanto le capiamo… «Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno», dice il Salmo 70. E Geremia si è sentito dire: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato». Ecco chi ci conosce in modo perfetto! Paolo griderà: «Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio» (gli specchi di allora, lamine di metallo dove ti vedi sempre un po’ deformato); «Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto». Dio ti conosce in questo istante perfettamente, solo lui sa chi siamo, neppure una moglie o un marito lo sa come lui: lui lo sa, e nonostante questo, o forse proprio per questo, ci ama, ci perdona, ci incoraggia.

Andiamo avanti, ma guidati dalla profezia e non dai pregiudizi, guidati dalla Parola, non dalla tua supponenza. Dio ti conosce, tu comincia a conoscere lui e ad andargli dietro. Che fortuna abbiamo di poter ascoltare la Parola, di poterci mettere in discussione, di capire cosa ci libera veramente! Affidiamoci a questo Gesù, il Maestro, il profeta, il Signore! Lui ci guida infallibilmente e pazientemente alla piena conoscenza di noi stessi, per scoprire che fin dal grembo materno Dio ci ha scelti, amati e consacrati!“.