“Non è dopo la morte, ma ora che abbiamo bisogno della forza della Risurrezione!”

La Veglia Pasquale, che si celebra nella notte di Pasqua, è la celebrazione più importante dell’anno: la luce della Risurrezione irrompe nelle tenebre della morte per ridonare la vita. Questa luce è significata dal cero pasquale e proprio partendo da quella fiamma e ripercorrendo le tante letture dell’Antico Testamento che la liturgia propone padre Placido ha sviluppato la sua riflessione. Ecco le sue parole:

“Come è bello essere qui questa notte! In questa notte, che racchiude questa luce misteriosa, siamo qui con questa schiera di chierichetti, con i nostri cori, con tutte le persone che hanno contribuito a questa celebrazione; ma soprattutto siamo qui alla luce di questo cero particolarmente bello, tutto di pura cera d’api, fatto a mano, dove è scritto ‘il pastore bello’, perché la bellezza è una connotazione di Dio e noi siamo indifesi di fronte alla bellezza. La bellezza attira, rapisce lo sguardo e il cuore. Per questo Dio è bello e per questo, pur potendo creare un universo normale, lo ha fatto bello, meraviglioso.

E in questa bellezza Dio ha voluto che ci fossimo anche noi. In questa notte noi ripercorriamo i passi di tutta l’umanità: siamo partiti da Adamo, poi Abramo, poi Mosè e ancora il santo re Davide. In Adamo siamo nati, siamo usciti da quell’Eden, quel giardino chiuso che era il grembo materno e abbiamo dovuto affrontare la vita; in Abramo abbiamo cominciato a sentire la voce che indica un cammino, che spinge a lasciare questa terra di idolatri e a cominciare a camminare; in Mosè abbiamo dovuto lavorare duramente fino al punto di sentire che, liberati, potevamo essere degni di liberare; e in Davide abbiamo lasciato le occupazioni del gregge per cantare e danzare al cospetto di Dio: Davide rappresenta il punto in cui oramai, avendo superato le preoccupazioni terrene, il cuore comincia a cantare e il corpo a danzare al cospetto del Signore.

Ma tutto questo non accade senza fatica. Adamo, con il suo errore, indica la necessità di uscire: non puoi crescere se stai sempre nel grembo materno; ci stai bene, ma non sai cosa ti aspetta fuori, devi uscire, devi andare; la madre, che fa nascere, non fa un atto di cattiveria, tutto al contrario, perché dona la vita. Ed è così che Dio manda Adamo ed Eva fuori, li spinge a prendere la loro strada, con un angelo a dire che non si cresce tornando indietro, non si cresce tornando al grembo materno, ma cominciando a muovere i primi passi.

Abramo è poi colui a cui è chiesto di immolare il proprio figlio: non siamo passati forse anche noi attraverso momenti di morte, di mancanza di speranza? Eppure Abramo ebbe fede, sperando contro ogni speranza, e divenne padre di tutti i popoli; lui è il bambino cresciuto che impara la paternità.

Poi c’è Mosè, l’uomo sconfitto, l’uomo che in un attimo passa da una cesta di vimini al trono del faraone e poi si ritrova con le mani sporche di sangue a vagare nel deserto. Ma proprio lì, da un fuoco, da un roveto la voce di Dio gli parla. Nella nostra vita noi facciamo fatica a fermarci, il roveto ci sembra una pianta troppo umile perché possa nascondere la voce di Dio. Ma è proprio la quotidianità che viviamo che cela quel Dio che ci parla e ci rimette in cammino.

Ed è qui che ora sciogliamo questa danza e cantiamo la lode di Dio per questa benedizione che ci è capitata; nessuno meritava che fossimo qui, eppure il Signore ci avvolge col suo amore, mostra la forza della sua Risurrezione. Noi stanotte incontriamo qualcuno che ci è necessario nella vita. Non è dopo la morte, ma ora che abbiamo bisogno della forza della Risurrezione! Ora dobbiamo uscire dai nostri sepolcri! Tutti questi patriarchi sono dovuti uscire: Adamo deve uscire dal Paradiso e Abramo dalla sua terra; Mosè deve uscire dall’Egitto e Davide deve lasciare le sue cose e fidarsi di quel profeta che ungendolo lo rende re.

Così Davide diventa pastore, profeta e re, proprio come siamo diventati noi nel Battesimo: sacerdoti re e profeti. E questo proprio per la forza di quella luce: è la luce che ci salva, è la luce che ci dà vita!

Noi dobbiamo venire alla luce, perché sempre dobbiamo rinascere. La luce non è accecante, c’è sempre un po’ di oscurità: la fede non è un cammino sotto un sole abbagliante, è una ricerca nella semioscurità, fatta con umiltà, pazienza e fedeltà. Questo è il nostro cammino pasquale e adesso lo compiamo in questa celebrazione santa, davanti a colui che vuole per noi questo cammino. Dio ci ha creati pensandoci già qui stanotte, disposti a ripartire con lui alla luce nuova di questo cero benedetto, che rappresenta la forza e la bellezza della sua Risurrezione“.