La Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario, cadendo quest’anno il 26 giugno, coincide con la solennità di San Vigilio, patrono della città e della Diocesi di Trento. Vigilio è l’esempio di un pastore di pecore che ha seguito il vero pastore, il Cristo. Dal suo modello possiamo imparare a rispondere alla chiamata del Cristo, tema della liturgia della Parola di questa domenica. Ma che significa questa chiamata? Cosa comporta? L’ha spiegato padre Placido nella sua omelia:
“La Parola di Dio ci dà sempre luce e noi dovremmo cercare di farla arrivare al cuore questa luce, anche oggi, che il mistero che ci viene annunciato è quello della chiamata, della vocazione. Si tratta di un tema delicato, che proprio per questo spesso nella Chiesa abbiamo esorcizzato e banalizzato, pensando che sia qualcosa che riguarda solo frati, suore e preti. Questo tema in realtà tocca il cuore di ogni cristiano, anzi di ogni persona, ogni giorno della vita. Infatti in ogni momento si deve vivere in uno stato vocazionale, cioè sentirci chiamati dal Signore, amati da lui, oggetto del suo pensiero, indirizzati e guidati da lui.
Ne abbiamo sempre bisogno, soprattutto in tempi difficili, un po’ oscuri e faticosi come questi: ci stanno continuamente caricando di pesi! E allora cosa possiamo fare? Fissiamo lo sguardo sul Cristo, quella è la direzione, l’abbraccio, la forza per andare avanti. Ma attenzione: questa chiamata comporta necessariamente che si lasci qualcosa: non c’è cristiano degno di questo nome che non abbia dovuto lasciare qualcosa per il Cristo. Certo i frati, le suore e i preti a volte lasciano la casa e la famiglia, ma questo distacco vale per ogni cristiano: se la nostra fede si ferma al fatto di sistemarci in famiglia e nelle nostre cose e interessi non è una fede matura. Ci vuole un battito d’ali, viene il momento in cui il Cristo ti dice: coraggio, lascia tutto!
A noi a questo punto viene da rispondere come i protagonisti del brano di Vangelo di oggi: ‘Ho da fare, Signore!’ ‘Lascia stare e seguimi!’ Così dice Gesù! Lasciare per affidarci al Cristo: non illudiamoci che sia facile! Chi tiene troppo strette tutte le cose di questo mondo non è in grado di dirigersi davvero verso il Cristo! Come fai a essere cristiano se sei tutto preso dalle cose di quaggiù? Allora la vocazione è allargare le braccia, tendere la mano. Essere cristiano non vuol dire avere tutte giornate serene, ma certo è sentirsi sempre guidati dal Cristo. E ogni uomo e donna che segue il Cristo è una benedizione per gli altri, perché diventa una persona autentica, illuminata, benevola, disposta al perdono.
E qui nasce un’altra nota importante: «Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”». Non seguiamo abbastanza il Cristo per amare gli altri, ma per odiarli, purtroppo… quante volte basta una lezione di catechesi e già pensiamo di essere meglio di tutti? «Gesù si voltò e li rimproverò». Attenti, perché se andiamo dietro all’Agnello di Dio non possiamo poi essere dei lupi! Come è possibile che spessissimo nella storia dell’umanità i cristiani siano stati i più avidi, i più cattivi, i più guerrafondai? Ci siamo mangiati mezzo mondo! Quanto ci ha cambiato davvero il Cristo? Come fai ad andare dietro al Cristo e poi respingere e uccidere?
Se noi seguiamo veramente il Cristo saremo il suo piccolo gregge, sempre. È un tratto evangelico fondamentale, con tutta la fatica che richiede. Per questo dice Gesù: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»: è inutile battezzarsi, magari anche consacrarsi, e poi alla prima occasione imbrogliare ed essere avidi! Hai messo mano all’aratro? Allora non puoi più fare tutto quello che dice il mondo! Bisogna cambiare l’intenzione del cuore!
In un attimo di silenzio ognuno si senta chiamato dal Cristo e desiderato dal Cristo. E per quanto siamo capaci diciamo il nostro sì alla sua chiamata!”.