La XXX Domenica del Tempo Ordinario è stata anche la Giornata Missionaria Mondiale e padre Placido, nell’omelia, non ha mancato di ricordare anche i missionari, collegandone l’impegno con il brano di Vangelo del giorno, nel quale Gesù continua il discorso sulla necessità di pregare sempre iniziato domenica scorsa spiegando questa volta cosa significhi davvero pregare. Ecco le parole del parroco:
“Domenica scorsa Gesù ci ha dato l’insegnamento sulla necessità di pregare sempre e oggi torna sul tema della preghiera e ci fa capire che potremmo anche dire tante preghiere, ma dirle col cuore sbagliato. E se uno prega sempre, ma lo fa male, è un guaio, perché la preghiera sbagliata non porta lontano, è come nel cammino: diceva sant’Agostino che se la direzione del tuo cammino è giusta, anche se fai solo qualche piccolo passo rimani comunque nella giusta direzione; ma se hai sbagliato direzione, più corri e più ti allontani.
Così è per la preghiera: se fatta magari quasi con voracità, con tante tante tante preghiere, rischia di non porsi la vera domanda: stiamo camminando nella direzione giusta? Oggi Gesù ci insegna qual sia questa direzione giusta. Il Vangelo inizia più o meno così: ‘Gesù disse una parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti’. La preghiera è qualcosa di intimo; Gesù però ci mette in guardia: attento, perché rischi di metterti a pregare cominciando a dire: quanto sono bravo! come sono a posto! non ho sbagliato niente! Ma com’è possibile questo? In ogni cosa che facciamo sbagliamo qualcosa, fa parte della nostra fragilità! E alle volte succede che anche nel cammino spirituale si sbaglia, si sbaglia, si sbaglia e non si prova nemmeno a rimediare.
È qui che si inserisce l’immagine di Gesù: due uomini salirono al tempio a pregare, un fariseo e un pubblicano. Noi siamo già pronti a dire: che bravo il pubblicano! Ma attenzione: il fariseo non è una persona cattiva, dice: io ti ringrazio, Dio, perché non sono adultero e ingiusto come gli altri uomini, io digiuno due volte la settimana, io pago le decime di tutto quello che ho. La legge ebraica prescriveva un digiuno alla settimana e lui ne fa due e dà il dieci per cento di quello che si guadagna per il tempio e per i poveri. È insomma una persona che fa del bene, che non ruba, non è ingiusto. Cos’è allora che manca a questa persona?
Il fariseo dice: io ti ringrazio, io non sono ingiusto, io digiuno, io io io! Si entra in chiesa, si prega, si esce e non si è mai detto veramente Dio, mentre magari abbiamo detto tante volte io! Se notate, nel Padre Nostro non c’è mai la parola io, bensì noi, nostro. Chi non è capace di fare comunità, di confrontarsi con gli altri, di costruire insieme rischia che anche la preghiera sia soltanto io io io. E la preghiera la si vede nella vita: uno lo vedi se è capace di confronto, di ascolto, di umiltà, se è capace di riconoscere che qualche volte si sbaglia; oppure se è sempre io io io, tutto il mondo sbaglia mentre io faccio bene.
È un rischio per tutti e Gesù ci mette in guardia. Lo fa anche attraverso l’immagine del pubblicano, che non è esattamente una bella categoria: i pubblicani riscuotevano le tasse per conto dei romani e spesso chiedevano più di quello che era dovuto, perché la differenza se la tenevano e opprimevano anche i poveri; insomma non erano per niente una bella categoria. Ma il pubblicano se ne rende conto e dice: abbi pietà di me, Signore, che sono un peccatore! Questa preghiera, dice il salmo, supera le nuvole e giunge fino a Dio; invece l’altra preghiera appesantisce il cuore, ci rende superbi.
Fratelli e sorelle, questi due uomini, il fariseo e il pubblicano, oggi sono venuti qui e ognuno li porta dentro di sé: sono nel cuore di ognuno di noi. Dobbiamo essere noi a scegliere se oggi lo pregheremo ancora una volta dicendo io io io, oppure se diremo: Signore, abbi pietà di me peccatore! Facciamo una preghiera così, pensando anche ai nostri missionari e missionarie, uomini e donne capaci di andare al di là dell’io per cogliere il noi, anche in terra straniera, presso persone che non conoscono a fare del bene. Di sicuro le loro preghiere raggiungono Dio e ottengono a loro il perdono e la misericordia”.