“Gesù riaccende la scintilla divina che avevamo perso”

Nella XXXI Domenica del Tempo Ordinario nell’Unità Pastorale si è voluto solennizzare il ritorno dell’acqua lustrale nelle acquasantiere dopo l’emergenza Covid con la benedizione appunto dell’acqua all’inizio delle Messe: un segno di benevolenza e benedizione da cui è partito il parroco nella sua omelia, nella quale la riflessione è stata guidata soprattutto dall’episodio di Zaccheo raccontato nel Vangelo. Ecco le parole di padre Placido:

“Nel segno della benedizione abbiamo iniziato questa sacra liturgia, nel segno della benevolenza da parte di Dio: ‘Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’, dice San Paolo. Ma come ce lo ha donato? Ce l’ha donato come un Cercatore e un Salvatore: il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. È un Dio alla ricerca, non solo dell’umano, ma di quel divino smarrito nel nostro cuore; e quando trova un po’ di disponibilità, egli riabilita quel divino, lo rimette in funzione, riaccende quella scintilla divina che avevamo perso, va al centro del cuore e comincia a ridare luce e calore a tutta la casa.

La nostra casa allora diventa accogliente, in grado di ospitare, perché tutti possono illuminarsi e trovare calore alla luce di quella scintilla divina. E questo amore, questa benevolenza non è solo per l’umano. Abbiamo sentito il bellissimo libro della Sapienza: ‘Signore, tu ami tutte le cose che esistono, perché se avessi odiato qualcosa non la avresti neppure creata, e hai pazienza con tutte le cose, perché esse sono tue, Signore amante della vita’. Il nostro Dio ama tutto e nel giardino di Eden, quando disse all’umanità di essere dominus per tutto il creato, non voleva dire di prendere, consumare, bruciare, sporcare, sprecare: no no no! Egli tutto ama ed è provvidente per ogni cosa e così, quando noi amiamo il Creato, riproduciamo l’immagine di Dio amante della vita e il Creato stesso è fatto a sua immagine: ‘Di Te Altissimo porta significatione’, cantava San Francesco.

Allora come dobbiamo convertirci! Ieri sera parlavo al telefono con padre Francis, sacerdote keniota che gestisce Shalom home, una grande casa che accoglie tantissimi bambini; padre Francis mi diceva che in Kenya si sta vivendo un grande dramma: hanno cominciato a morire gli elefanti; gli elefanti sono fratelli che hanno una memoria secolare, sanno sempre dove c’è l’acqua e l’erba, ma quest’anno non la trovano e hanno cominciato a morire. In Kenya infatti ogni 15 ottobre inizia la stagione delle piogge, regolare come un orologio, ma quest’anno la pioggia non è ancora arrivata. E così, mentre il mondo occidentale magari è contento di essere un po’ più al caldo, da qualche altra parte la gente muore.

Com’è possibile? Perché il Dio amante della vita non fa niente? Ma Dio ha fatto me, ha fatto noi perché fossimo segno della sua Provvidenza! Com’è che questo mondo è capace di bruciare miliardi di vite umane in una guerra fatta da cristiani, ancora una volta? Non se ne può più di questa gente che porta il nome di Cristo e fa esattamente il contrario di quello che Cristo ha detto! Com’è che poi non riusciamo a dare un po’ di acqua e un po’ di cibo al fratello e alla sorella che muore? Risponderemo di tutto questo! Risponderemo anche dei fratelli elefanti che muoiono! Dovremo rendere conto del fatto che siamo stati così difformi dall’immagine di Dio!

Questa parola, però, è segno di speranza, perché Cristo ci sta cercando e ci cerca per recuperare il divino in ogni cuore, per quanto lontano esso sia. Guardiamo al brano di Vangelo di oggi: l’evangelista Luca addirittura inventa una parola: ‘arci-pubblicano’, per dire che Zaccheo era il massimo della cattiveria, dell’orgoglio, della sopraffazione; più pubblicano di lui non si poteva. Eppure quell’arci-pubblicano si scopre ometto, non riesce a vedere Gesù a causa della folla, perché era piccolo di statura. Chissà quante volte anche noi, tra tutte le nostre attività, ci perdiamo la visione limpida del Cristo.

Ma quella volta Zaccheo aveva un desiderio più grande del suo orgoglio e sale su un sicomoro. Perché un sicomoro? Perché Luca vuole proprio specificarlo? Certo è una pianta molto grande e quindi utile per vedere sopra la folla; ma c’è di più: per gli antichi egizi il sicomoro era segno di immortalità, per cui con il legno del sicomoro costruivano i sarcofagi; morte e rinascita, ecco cos’è allora il sicomoro: morte al tuo ego, morte all’ego di Zaccheo, che era piccolo di statura, ma in realtà era pesante e forte, un violento. Quella volta però si fece piccolo e salì sull’albero segno di morte per essere riammesso alla vita e rinascere. Così Gesù può dire: ‘Zaccheo, scendi subito, perché devo fermarmi a casa tua’: è il più bello degli auto-inviti che ci sia mai stato nella storia dell’umanità! Cristo si autoinvita a casa tua, il Cristo si invita nella nostra casa. ‘Scendi, perché devo venire a casa tua’ e Zaccheo pieno di gioia scende in fretta e lo accoglie. ‘Ma gli altri mormoravano’, dice il Vangelo. La vita cristiana è così: o dopo anni di preghiere, di Messe, di liturgie cominciamo a sperimentare la gioia, oppure saremo un popolo di mormoratori. Meno gioia c’è nelle comunità e più si mormora, un po’ come nella famiglia: quando nella famiglia c’è gioia ci si vuole bene, ci si aiuta, ci si perdona; meno gioia c’è, più si è tristi e si comincia anche a essere invidiosi. La gioia è un antidoto e noi risponderemo della mancanza di gioia, perché ci è stato annunciato il Vangelo, che è gioia.

La gioia entra nella vita di Zaccheo, che addirittura arriva a dire: ‘Se ho rubato restituisco quattro volte tanto’ e Gesù può dire: ‘Oggi in questa casa è venuta la salvezza, perché io sono venuto a cercare proprio ciò che si era perduto’. Sentiamola per noi questa parola: oggi siamo venuti nella casa di Dio, ma noi veniamo qui perché Dio entri nella nostra casa. Venire nella casa di Dio non basta, statene certi; ma se questa è l’occasione perché Dio entri in casa nostra, allora ecco che è arrivata la salvezza. Perché in quella casa c’era già Gesù, ma finché Zaccheo non l’ha accolto nel cuore, cambiando vita, quella non era ancora la casa di salvezza. Insomma siamo noi che rendiamo questo luogo casa di salvezza: Gesù è qui e anche lì, ma se non è anche dentro il cuore non è casa di salvezza.

Lasciamoci trovare dal Divino Cercatore e sperimenteremo la grande gioia di essere salvati!”.