La XXXIII Domenica del Tempo Ordinario è la penultima dell’anno liturgico e così la liturgia in qualche modo invita a riflettere proprio sulla fine, quella della nostra vita, cioè su cosa sarà di noi. Così ha letto padre Placido le parole di Gesù nel Vangelo quando assicura: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (Lc 21,18), per scoprire che la fine può essere, anzi deve diventare, il fine. Ecco l’omelia del parroco:
“Ci avviciniamo alla fine dell’anno liturgico: domenica prossima arriveremo alla solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo. Come è bello questo insegnamento che ci dà la Madre Chiesa: nella vita tutto ha un inizio, uno svolgimento e una fine; ma nella visione spirituale della vita la fine può essere il raggiungimento del fine, dello scopo. Non è una fine come la intendiamo noi; è giungere al fine per il quale Dio ci ha creato.
E allora in questa giornata la Chiesa dà voce al Maestro e al suo insegnamento sulle essenzialità di ciò che conta veramente. Quanto doveva essere bello il Tempio di Gerusalemme! Quante volte lo avevano abbellito e ingrandito ed era normale che fossero affascinati dall’opera delle loro mani. Ma il Signore Gesù dice: non è questo ciò che resterà, non è l’opera delle vostre mani, ma quel Tempio che io edifico.
E parlando del Tempio del suo Corpo, il Cristo parlava anche di ognuno di noi. Cosa resterà di noi, della nostra comunità cristiana? Come comunità cristiana noi siamo abituati ad andare orgogliosi delle nostre strutture, delle nostre chiese e ci teniamo ed è tutto buono; ma ciò che dobbiamo salvaguardare è il Tempio spirituale, quella realtà apparentemente invisibile, immateriale, però destinata a durare per sempre.
E questo è il nostro rapporto personale con Dio, questi sono i vincoli di unione fraterna che creano la vera Casa di Dio. Un giorno a San Francesco dissero che era stato edificato il convento dei frati; Francesco si fece spiegare dov’era, andò, salutò i frati salì sul tetto e cominciò a buttare giù le tegole. Il convento dei frati è dove i frati convengono e si riconoscono come fratelli: lì dove due o tre sono riuniti, lì c’è Dio, lì c’è il convenire autentico. È come se il Maestro ci insegnasse ad avere uno sguardo spirituale: quante cose abbiamo fatto! Sì, ma cosa conta davvero agli occhi di Dio? Il fatto di lasciarsi incontrare dal Cristo, perseverando perseverando perseverando. Con la perseveranza salveremo la nostra vita.
Questa è la visione del cammino spirituale tutta basata sulla fede di Dio: Dio è fedele e noi piano piano, guardandolo, invocandolo, ricevendo il suo perdono, siamo entrati nella vita; perseverando nelle cose semplici arriveremo al Santo Monte di Dio.
Intendiamoci: inevitabilmente in questo cammino si commettono errori e ci sono fatiche, incomprensioni e forse anche fatti incomprensibili. Ma il Signore non ci ha promesso che non avremmo avuto problemi, ci ha detto che alla fine neppure un capello andrà perduto. Bisogna viverla così la vita, soprattutto quando accadono cose che non capiamo, che sono difficili da sopportare: Signore, non so perché, ma tu mi hai insegnato come vivere questi momenti. Spesso Dio non ci dice il perché delle cose, ma ci dice come dobbiamo vivere e come dobbiamo vivere ogni momento: come se nulla andasse perduto, proprio perché il Signore ce l’ha assicurato: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Impariamo a perseverare! E perseveriamo nel bene, come il Maestro ci ha insegnato: in avanti, sempre con fiducia, perseverando!”.