Nella Seconda Domenica d’Avvento, quando il Vangelo propone la figura di Giovanni Battista, a Cloz si è celebrato un Battesimo. Da questa felice coincidenza si è fatto ispirare padre Placido nell’omelia. Ecco le sue parole:
“Domenica del Battista, domenica del Battesimo e proprio oggi abbiamo anche la fortuna di vedere coi nostri occhi questa grazia del Battesimo che si rinnova.
Isaia parla di un virgulto: la promessa del Messia è che dalla radice di Iesse, il padre di Davide, nascerà un germoglio. Alla tribù del re Davide apparteneva anche Giuseppe e quindi anche Gesù e da quella radice, che sembrava seccata dopo la deposizione di Davide, dopo la sua sconfitta, proprio da quella radice apparentemente secca nascerà un virgulto, un germoglio, segno che quella radice è ancora viva. Questa speranza di una nascita dovrebbe rinnovarsi ogni volta che viene al mondo un bambino: ecco, la nostra radice non è ancora secca, ancora c’è speranza! Ogni bambino che viene al mondo porta una buona notizia da parte di Dio.
Al virgulto che nasce dal tronco di Iesse Dio collega un sogno. Isaia è uno dei più grandi poeti della storia dell’umanità e tanto poeticamente descrive una sorta di pace cosmica: non solo gli umani vivranno in pace tra di loro, ma vivranno in pace col Creato, in tutto il Creato vi sarà pace. Sono immagini bellissime: cuccioli di animali in teoria prede e cacciatori che possono stare insieme e poi un cucciolo d’uomo che li guiderà. I sogni di Dio sono una promessa e quindi anche questa è una promessa: verrà finalmente un’umanità riconciliata.
Ogni tanto Dio fa passare qualche meteora per ricordarcelo: pensiamo a Francesco d’Assisi, una stella che illumina la possibilità di vivere in pace, con sé stessi anzitutto. Le radici sono tutte lì; invece le persone inquiete e arrabbiate con sé stesse non daranno mai pace al mondo, tantomeno pace con gli esseri umani e col Creato e infine soprattutto pace anche con Dio. E qui allora entriamo in gioco noi: davanti al sogno di Dio o stiamo alla finestra e ci chiediamo quando lo realizzerà oppure, come chiede Giovanni, ci diamo da fare, cerchiamo di diventare persone più semplici, più sobrie, più umili e cominciamo a costruire il regno di Dio. O stai alla finestra e guardi e magari ti lamenti che ancora questo regno di pace non c’è, oppure esci di casa, ti rimbocchi le maniche, cominci a realizzare il sogno di Dio. Ad esempio mettere al mondo un figlio vuol dire collaborare al sogno di Dio e questa collaborazione dura tutta una vita, sempre, nell’educazione, nell’amore, nel perdono, nella benevolenza. Così si porta avanti il sogno di Dio e si consegna ai nostri piccoli questo seme di pace, perché nella loro vita a loro volta lo facciano fruttificare.
L’Avvento ci parla di una umanità che si mette in cammino per andare verso il suo Battesimo; stiamo andando verso le radici del nostro Battesimo. Ricordiamoci che siamo gente santa, stirpe divina, profeti, re e sacerdoti proprio in virtù del nostro Battesimo. Ma dove si vede tutto questo? Ci aspetta un Natale in cui forse ancora purtroppo due popoli cristiani si faranno la guerra e contemporaneamente proclameranno lode a Dio, accoglieranno il Principe della pace e intanto si spareranno e Dio non voglia che da una parte e dall’altra ci siano preti che gettano acqua santa per dirgli bravi… che tristezza! Il Cristo ha dato la vita perché fossimo una generazione santa, perché realizzassimo il sogno di Dio!
Ci vuole ancora tempo, ma non ci perdiamo d’animo. Anche oggi portiamo un nuovo virgulto, un nuovo germoglio al fonte battesimale, perché quest’acqua impregni di vita e il segno della luce e dell’ olio consacrato rendano questa creatura per tutti noi segno del sogno di Dio. Quando si trascura un bambino si infrange il sogno di Dio e saremo responsabili di questo. Allora in questa Messa ci sia una preghiera per tutti i bambini del mondo, per quelli che in questo momento non hanno una famiglia che li ama e che li coccola: ogni bambino ha diritto a questo. Ricordiamolo: ogni volta che facciamo il bene collaboriamo concretamente al sogno di Dio!“.