La Settima Domenica del Tempo Ordinario è quest’anno l’ultima della prima parte di questo tempo, prima dell’inizio della Quaresima. Padre Placido si è concentrato nella sua omelia sul significato del santo e del sacro, per scoprire che quanto di più santo e sacro ci sia… siamo noi. Ecco le parole del parroco:
“Non dimentichiamo mai la grandezza della Parola: con la Parola Dio ha creato l’universo e la prima lettura di oggi inizia così: ‘Il Signore parlò a Mosè e disse’ (Lev 19,1). Gli antichi commentatori ebrei si chiedevano perché non è scritto: ‘Il Signore parlò con Mosè’. La risposta è che il Signore parlò a Mosè perché il Signore attendeva da lui una risposta. Allo stesso modo, anche quando il Signore parla a noi, ci rende responsabili, cioè responsum-abiles, capaci di responso, di risposta.
Allora questo insegnamento è un insegnamento che deve toccarci personalmente ed è un insegnamento grande: ‘Di’ a loro: siate santi perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo’ (Lev 19,2). Santo in ebraico è qadosh, che si traduce con ‘separato’, che è anche il termine ebraico per ‘sacro’. In effetti una cosa sacra, fatta per un uso sacro, viene tolta dalle cose profane, separata da esse perché ha una sua dignità: se un libro è sacro non lo buttiamo per terra, non lo mettiamo tra mille altri libri, è separato; così anche l’altare, è sacro, come tutto ciò che è qui: sono tutte cose sacre. Ma la cosa più sacra che c’è qui dentro siamo noi: noi rispecchiamo nella nostra umanità la divinità del Santissima Sacramento. Ricordiamo la nostra dignità: ‘Siate sacri e santi perché io lo sono’. Qualcuno potrebbe dire: che Dio sia santo e sacro è certo: è Dio! Ma cosa c’entra con me? Per fortuna Dio non ragiona così e dice al contrario: dovete essere santi perché io sono santo e perché io sono in voi, cioè voi mi appartenete, perché siete a mia immagine, perché mi state a cuore.
Che significa che gli stiamo a cuore? Significa che può anche rimproverarci apertamente. Ci sta a cuore la vita degli altri, almeno di chi ci sta vicino? Ci sta davvero a cuore la sua vita piena, la vita del santo che ci sta accanto, la vita sacra che è in lui? Guardiamo ai nostri bambini: molto facilmente se hanno saltato la merenda è un grande dramma, se hanno freddo è un grande dramma, ma se saltano la Messa o la catechesi pensiamo che sia un dramma o che alla fine non è poi un gran problema? C’è la realtà sacra che abbiamo in noi: come la coltiviamo, come la accogliamo, come la custodiamo? Se è necessario bisogna anche rimproverare, ovviamente alla luce della Parola.
Cerca di vivere la realtà che sei, ricordati che sei benedetto e santo, il Signore ti ama e ti perdona! Ricorda che hai un destino eterno, ricorda che tutto è stato fatto per te! ‘Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio’ (1 Cor 3,23). È proprio questo senso di appartenenza che ti salva, perché se hai un’appartenenza così forte tutto nella vita può trovare un senso e anche i momenti difficili possono essere superati: sei di Cristo e il Cristo ti porta nel cuore di Dio! Allora sì che possiamo farcela, se ci ricordiamo chi siamo. Mentre invece il dramma è se banalizziamo la nostra esistenza, se la profaniamo, cioè se la buttiamo fuori dal tempio… e quanti purtroppo oggi si gettano anima e corpo fuori dal tempio! Quando stavo con i giovani tossici la cosa più difficile da fargli capire era che c’era qualcosa che non andava, perché tutti attorno a loro gli dicevano: sei bravo, sei a posto… certo che si sentivano dire così: chiedevano al pusher che guadagnava sulla roba che gli compravano!
Non bisogna fare così, non bisogna pensare che è meglio non dire niente perché poi magari l’altro si offende; invece bisogna dire: tu sei sacro, non è bene che vivi così, non è normale che hai parlato così, non è normale che ti sei dimenticato di una certa persona; tu sei di Cristo, appartieni a lui e questa è una cosa meravigliosa! ‘Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?’ (1Cor 3,16). Questa è la realtà: Dio abita nella profondità del nostro cuore e il viaggio che possiamo compiere è quello che va dalla mente al cuore: tutti i maestri di meditazione insegnano come si passa dal ritmo mentale al ritmo vitale ed è un ascendere e un discendere.
Tante altre cose ci insegnerebbe Gesù, ma sarebbe troppo lungo fermarsi su tutto. Prendiamo ancora solo l’ultima fase del Vangelo: ‘Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste’ (Mt 5,38). Se non fosse stato il Cristo a dire queste parole, chiunque altro avesse detto questo avremmo pensato fosse un esaltato; infatti, come si fa a essere perfetti come Dio? Gesù ti dice: devi mirare lì, devi puntare lì, devi cercare di andare lì; certo che non arriverai mai, ma non è un problema tuo! Tu devi puntare a quella perfezione e il Cristo ha detto: ama, perdona, sii paziente, aiuta, perché questa è la perfezione, mica stare a guardare per aria a vuoto; se si guarda in aria è perché ci si orienta e si vede se c’è qualcosa che non va e oggi il cristiano che non si orienta è un cristiano davvero disorientato e piano piano si perde. Ma alla fine noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio; allora, nel silenzio, confermiamoci in questa santa appartenenza: noi, i nostri figli, i nostri coniugi, le nostre famiglie, la nostra comunità, la nostra vita, tutto è di Cristo e Cristo conduce tutto alla perfezione che è Dio”.