“Quando non c’è più nessuno che crede in te, lì c’è il Cristo”

Il brano di Vangelo della Terza Domenica di Quaresima è quello noto, dell’evangelista Giovanni, che racconta l’incontro di Gesù e la Samaritana al pozzo, dove si tiene un dialogo che, come sempre, parla di noi e a noi. Ecco la riflessione di padre Placido:

“Il bisogno dell’acqua è sotteso a questa Terza Domenica di Quaresima e dobbiamo sentirlo questo bisogno, in sintonia con tutta la natura, che invoca una grazia dall’alto, senza la quale qui in basso nulla può nascere, germogliare, vivere. È un’invocazione profonda che viene dalla madre terra e anche dalla terra di cui siamo fatti; allora facciamoci anche noi invocazione profonda del bisogno dell’acqua, di qualcosa che scenda dall’alto, una grazia che ci fortifichi e ci dia nuova vita.

A Mosè fu detto: ‘Batti con forza la roccia’ e, come sta scritto, quella roccia era il Cristo; se la nostra preghiera non è un colpo forte sul cuore del Cristo, se è una distrazione, un sentimento vago, quella preghiera non raggiunge lo scopo. Batti forte e avrai l’acqua di cui hai bisogno!

Così accadde quel giorno presso il pozzo di Giacobbe, in Samaria, in un luogo significativo, dove fu sepolto Giuseppe. Il pozzo è l’immagine di tante cose: la profondità misteriosa del pozzo è la profondità di Dio e custodisce un elemento vitale come l’acqua. Dopo tremila anni quel pozzo dà ancora un’ottima acqua, ancora sgorga acqua da quella sua misteriosa profondità. Così questo pozzo diventa l’occasione di un incontro, un incontro misterioso. Il Cristo è totalmente solo in un territorio straniero e ostile, dove non c’è da aspettarsi niente di buono. Ma, come dice il Vangelo, il Cristo doveva passare di là: si deve passare in territori dove apparentemente non c’è niente di buono, si deve buttare via il proprio tempo e la propria vita perché chi semina abbia il frutto della sua fatica, anche se tutto sembra dire di lasciar stare, di andare altrove. Il Cristo doveva passare di là e non perché aveva bisogno di incontrare le folle, ma perché aveva bisogno di incontrare quella donna samaritana.

È mezzogiorno, anche non si va al pozzo a mezzogiorno e a quella donna di certo l’hanno insegnato fin da bambina che al pozzo si va di prima mattina, quando l’aria è ancora fresca. La donna lo sa, ma a mezzogiorno non c’è nessuno e allora, per una donna che ha avuto cinque mariti e ora ha un compagno sarebbe proprio imbarazzante incontrare tanta gente: lo è anche oggi, figuriamoci allora! Così questa donna va al pozzo quando non c’è nessuno e quando non c’è più nessuno trova il Cristo. Allora trovi il Cristo, quando hanno smesso di elogiarti, quando hai smesso di credere nelle tue forze, quando non c’è più nessuno che crede in te: lì c’è il Cristo. Bisogna arrivare alla solitudine di un giorno caldo e soffocante, quando ti chiedi cosa stai andando a fare, quando probabilmente nella tua vita c’è un irrefrenabile bisogno di essere accolto e capito. E quell’uomo, che ti si mette davanti e ti parla, ti apre una prospettiva incredibile con le sue parole: ‘Dammi da bere’. Che mistero: la prima parola non è la nostra invocazione al Cristo, ma è lui che apre il nostro cuore con la sua domanda. ‘Ho sete’, dirà sulla croce.

‘Dammi da bere’: che cosa può offrire questa donna di Samaria? Offre il suo disagio, la sua fatica, la sua sofferenza. Sei uomini non le erano bastati per sentirsi capita e amata. Qualcuno dice che c’erano cinque divinità straniere in Samaria, idoli che non erano bastati. Allora questa donna inizia un dialogo, ma non lo inizia solo per sé, lo inizia per ognuno di noi. È un dialogo vitale, personale, sofferto, che nasce dalla delusione delle tante cose che non sono andate bene. ‘Nella prosperità l’uomo non capisce’, dice il Salmo; quando capiremo la preziosità di certi giorni, di certi periodi in cui resta solo il Cristo? In una giornata torrida, davanti a un pozzo dove sei arrivato con la tua anfora, alla fine te ne andrai lasciando lì la tua anfora, perché hai una sorgente di acqua viva nel cuore. Quella donna misteriosa di Samaria si porta un’anfora e se ne va con una sorgente che sgorga vita eterna.

La vita di quella donna cambia, cambia questa donna, che non ha più paura di incontrare gli altri, anzi va a dire a tutti che c’è un uomo che gli ha detto tutto di lei, che sa tutto di lei, ma non l’ha giudicata e nemmeno condannata. Allora questa donna diventa una apostola, una testimone, annuncia e porta Cristo agli altri; e gli altri, una volta che l’hanno incontrato di persona, le dicono: adesso noi non crediamo più perché ce l’hai detto tu, ma perché abbiamo ascoltato lui! Ecco la comunità cristiana: nessuno deve mettersi davanti e ritenersi indispensabile; la comunità deve creare occasioni per incontrare il Cristo e lui solo, soprattutto nel momento della fatica e della prova.

Il pozzo di Giacobbe dà ancora acqua fresca, ma dobbiamo cercare una sorgente di acqua viva per la vita eterna ed essere testimoni di un amore che ci conosce e proprio per questo ci ama: da qui possiamo aprire la via a un incontro personale, autentico, rigenerante con il Cristo“.