“Conoscere il Cristo vuol dire entrare finalmente nella luce”

Nella Quarta Domenica di Quaresima, detta Laetare, da cui anche il colore rosaceo dei paramenti, ad alcune famiglie che presto celebreranno un Battesimo sono stati donati il cero e la veste bianca per il Sacramento. E proprio a loro sembrano parlare le letture di questa domenica, nel loro concentrarsi sul tema della luce, delle tenebre e dell’acqua; ma ovviamente, in realtà, come sempre la liturgia si rivolge a tutti, come ha fatto ancora una volta notare il parroco. Ecco la riflessione di padre Placido:

“È una domenica importante questa Quarta Domenica di Quaresima. Oggi si affronta il tema della cecità, della vista, del buio e della luce.

Paolo dice: ‘Voi un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore’. La nostra luce non è una forza autonoma, qualcosa che noi possediamo; siamo luce quando siamo nel Signore. Allora come è importante tenere vivo questo rapporto con Lui, questo vivere in Lui: se siete luce, dice infatti ancora Paolo, ‘comportatevi perciò come figli della luce’.

Ma cosa vuol dire questo? Paolo stesso lo spiega: la luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità, da cui deduciamo allora che la tenebra è cattiveria, ingiustizie, parzialità, preferenze e menzogne. È fondamentale schierarsi e scegliere davvero la luce, anche quando costa caro: alle volte forse può sembrare che vivere di menzogne ci faciliti la vita, ma non è così, non facilita questa vita e al contempo diventa un impedimento per la vita altra, la vita vera.

Allora l’episodio del cieco nato lo comprendiamo in questa chiave: conoscere il Cristo vuol dire entrare finalmente nella luce. Si badi bene che pochi ciechi fisici furono guariti da Gesù e invece un’universalità di ciechi spirituali è stata guarita e può essere guarita ancora. Però attenzione, perché qui c’è una discriminante importante: cosa fa sì che tu venga guarito? Il fatto che tu dica: ‘Non ci vedo’. E se pensi di vederci Lui ti prende del fango e te lo mette sugli occhi, come ha fatto con questo cieco, l’ha reso due volte cieco proprio perché non ci vedeva.

E perché gli ha messo fango sugli occhi? La risposta è la risposta a un’altra domanda: una volta che sei due volte cieco cosa dici? Dici il tuo bisogno, dici la tua miseria, dici la tua povertà. Tutti siamo doppiamente ciechi se non ci laviamo nella piscina di Siloe, la piscina dell’Inviato. Qual è la piscina di Siloe? È l’acqua del santo Battesimo, l’acqua della grazia dei Sacramenti, della preghiera, della meditazione, dello studio. Come fai a guarire dalla cecità se non vai alla piscina di Siloe, la piscina dell’Inviato, in altre parole la piscina del Cristo? Il Cristo è l’inviato, è Lui che il Padre ha mandato, noi ci immergiamo nell’acqua che è scaturita dal costato del Cristo, Egli ci ha dato l’acqua che ci libera dalla cecità.

Questo Vangelo si realizza ogni volta che battezziamo i nostri bambini: essi splendono di una luce eterna! Davvero dobbiamo ringraziare il Signore Gesù che ci ha dato quest’acqua di vita, quest’acqua che ci libera dalla tenebra del peccato. Ma il Battesimo è una grazia che va rinnovata tutta la vita, tutta la vita dobbiamo, ad esempio nella Messa, ricordarci che siamo stati immersi per essere liberati, siamo stati sanificati perché non torniamo alla cecità. Non c’è cosa più triste di chi preferisce la cecità e alla luce. Chiediamo al Signore, per noi, per i nostri bambini, per i nostri giovani e per tutti, questa vita nella luce di Dio”.