“Dio è sceso in basso perché solo da lì poteva ripartire la nostra storia”

Cosa ci dice il Natale dopo duemila anni? La forza di questa solennità è la forza della Scrittura: è sempre nuova, ha sempre qualcosa da dire all’umanità. Anzi ha qualcosa da dare: una luce, un seme, un bimbo da accompagnare nella crescita, da far crescere nel cuore. Su questo ha riflettuto padre Placido nella sua omelia nella Messa della Notte, partendo dall’intronizzazione della Parola, posta proprio sul Bambino e davanti all’altare. Ecco le parole del parroco:

“Sopra la statua di Gesù Bambino abbiamo intronizzato la Scrittura aperta sul prologo di San Giovanni, perché sia chiaro che quel bambino è la Parola, è il Verbo eterno che è diventato carne. E questa Parola è una Parola che va compresa: diceva Simone Weil, grande studiosa ebrea, che ogni parola deve essere compresa nella sua densità più profonda; e questa notte abbiamo bisogno di capirla questa Parola che il Padre dice. San Giovanni Climaco dice che il Padre la pronuncia in un eterno silenzio e in silenzio sarà accolta dall’animo.

Anch’io voglio cercare di non disturbare questo silenzio, perché il silenzio ci è necessario in questa notte, in una notte in cui troppe parole ci vorrebbero per spiegare cosa sta accadendo a questa povera umanità e troppe volte al giorno vediamo persone che si affannano per spiegarci che è bene quello che è evidentemente male e che è male quello che invece è bene. Allora non ci resta che fare silenzio, tacere, trovare quel silenzio che dal cuore deve avvolgere la mente sempre presa da mille pensieri e preoccupazioni: almeno in questa notte che sia il cuore a dettare l’agenda della nostra vita! Nel nostro cuore questa notte c’è uno spazio, un luogo calmo dove accogliere questo bambino che nasce e se non c’è un luogo calmo e silenzioso dentro di noi non è possibile né accogliere questa parola né seguirla. È necessario che ci sia un luogo che non sia abitato da quell’ego, da quell’io che si contrappone a Dio e il ripetersi ‘io io io’ diventa una triste nenia. Forse oggi ci insegnano troppo a dire ‘io’ e non c’è più il silenzio necessario per Dio.

Questa notte è necessaria a chi crede a chi non crede, a chi pratica e a chi non pratica, perché è chiaro che o abitiamo questa notte con consapevolezza e ne cogliamo il chiarore che viene da Dio oppure questa povera umanità sarà costretta ad abitare altre notti e si cercherà luci che non illuminano. Questa notte è una rischiarata oscurità che fa spazio alla parola pronunciata dal Padre e questa parola porta l’amore del Padre, la sua benevolenza per noi, il suo perdono, ma chiede di essere accolta. Come con i poveri profughi Maria e Giuseppe che cercavano spazio, ma non c’era posto per loro nell’alloggio, come sottolinea l’evangelista Luca, questo grande studioso e storico che all’inizio del suo Vangelo dice di essere andato a informarsi scrupolosamente su cosa è successo, di aver interrogato i testimoni e così ci attesta che è almeno da duemila anni che l’umanità è chiusa e dopo duemila anni di cristianesimo c’è da chiedersi: c’è posto questa notte per un bambino, per la sua mamma, per il suo papà?

In questa notte avviene qualcosa che colpisce i semplici e i poveri: gli angeli, creature semplicissime, che sono poco più che un soffio, dicono di andare e che troveranno un segno; qual è il segno meraviglioso di Dio? Un povero bambino che sta in una mangiatoia! Quando smetteremo di chiedere a Dio segni altisonanti e cominceremo a cogliere e capire il linguaggio di Dio, allora riconosceremo che Dio parla con segni poveri che i poveri, solo i poveri possono comprendere. Così nessuno può dire di non capire, di non essere abbastanza povero per comprendere. In questa notte santa vogliamo trovare la certezza che questa parola da parte del Padre non verrà meno. E forse è troppo poco ascoltare questa parola solo questa notte, ma per chi lo farà può nascere un cammino, una via, una luce che rischiara, perché ciò che ci ha dato questa notte come piccolo seme può poi crescere. Abbiamo davanti un bimbo, e se lo curi, se lo ami, se lo fai crescere allora crescerà. Cosa mette nel cuore Dio in questa notte? Forse poco più di nulla, ma se lo accogli può diventare la forza della tua vita!

Accogliamo questo seme, perché questa umanità non si salverà perché i grandi di questa terra troveranno un po’ di buon senso… le cose importanti nascono dal basso e Dio è sceso in basso perché solo da lì poteva ripartire la nostra storia, la storia di ognuno di noi. La Parola non è un appello generalizzato, è una Parola consegnata a ognuno con una cura particolare, individuale; e Dio, che ci conosce tutti, ci fa questo dono singolarmente. Come stanotte esattamente ottocento anni fa a Greccio un uomo, Francesco d’Assisi, convertitosi perché si era accorto che solo la semplicità di Dio è in grado di far innamorare, volle con alcuni amici vedere anche con gli occhi del corpo quello che vedeva già con gli occhi della fede e chiese che fosse allestita questa scena: una mamma, un papà, un bambino, il bue, l’asinello, la mangiatoia; e su quella mangiatoia Francesco chiese al sacerdote di celebrare l’Eucaristia: il pane degli angeli diventa cibo per tutti noi che siamo in cammino. Ecco perché abbiamo intronizzato la Scrittura: la Parola si fa carne e noi tra poco proprio lì, sopra quella Parola fatta carne, celebreremo l’Eucaristia.

Ognuno incontri in questa notte la bontà di Dio e non si ritenga troppo povero da non meritarla né troppo ricco da non averne bisogno. Accogliamo con fiducia questo segno che Dio ci dà! E, se vogliamo, ripartiamo con più convinzione, con più gioia, con più serenità, seguendo la luce! Questa è la notte in cui nessuno deve maledire le tenebre, ma con semplicità accendere la propria lampada al fuoco sacro che Dio ha posto in mezzo a noi. Allora sarà davvero Natale! Buon Natale a tutti voi!”.