Nella Seconda Domenica del Tempo Ordinario il Vangelo presenta l’adesione al Cristo dei primi discepoli, alcuni dei quali per seguire Gesù lasciano Giovanni Battista, che in Gesù riconosce il Cristo, l’Agnello di Dio. Quella sequela dev’essere anche la nostra sequela, come ha spiegato padre Placido; qui le sue parole:
“Le letture ci presentano una scena molto movimentata, fatta di domande e di risposte di e di nomi: è quasi una rappresentazione della vita, con tutta la sua varietà, con le sue sorprese, con le cose che non ti aspetti, le cose che pensavi di aver capito e poi ti accorgi che non avevi capito. E ci dice come è importante essere intuitivi nella sequela del Cristo: quando i discepoli gli sono andati dietro, Gesù non ha fatto un programma; l’indicazione che hanno avuto è quella che ci dà qui il Vangelo ed è una domanda: ‘Che cosa cercate?’. Perché è la tua domanda che ti tiene in vita, che apre la strada oppure la chiude, perché è ovvio che, se quello che stai veramente cercando non è lui, allora non arriverai a lui: ci vuole tutto lo sforzo, la totale determinazione, tutta la lucidità e la disponibilità per trovare il Maestro.
Quel giorno i discepoli che si unirono a lui alla domanda risposero con un’altra domanda: ‘Maestro, dove dimori?’. Non hanno detto che già sapevano esattamente cosa cercare, ma hanno capito che, se fossero stati con Gesù, l’avrebbero scoperto. ‘Maestro, dove dimori?’, ‘Venite e vedrete’. Queste parole oggi sono un aiuto per noi: se non sappiamo ancora bene cosa stiamo cercando, stiamo con il Maestro, facciamo famiglia con il Maestro, rimaniamo con lui e allora capiremo la cosa più importante, il nostro desiderio si accenderà, sapremo che cosa cercare.
Così come Samuele, che stava nel Tempio, lì dove c’era l’arca; non c’era luogo più importante in tutto Israele, ma lui era lì dentro e dormiva e, a dispetto del suo nome – Samuele vuol dire ‘il suo nome è Dio’ – a dispetto del suo nome, per cui avrebbe dovuto sapere chi era Dio, Samuele confonde la voce di Dio con la voce di Eli. Ma il sacerdote gli dà un’indicazione: se senti ancora il tuo nome devi dire: ‘Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta’. Chissà se abbiamo mai fatto un minuto di preghiera dicendo: parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta! Quante volte invece, quando preghiamo, tendiamo a chiedere, a domandare, a parlare, usiamo formule… c’è una sola formula che vale, quella che ti apre al silenzio: parla, Signore, perché se tu parli io devo tacere e ascoltare.
Questa è la vera preghiera e allora Samuele onorerà il suo nome davvero, sarà profeta in grado di dire chi è Dio, il nome di Dio, così come Giovanni Battista: il silenzio del deserto rende limpido il suo sguardo. Ma, se siamo pieni di altri desideri o di cose o di arrivismo o di potere o di denaro, come fa a diventare limpido il nostro occhio per poter vedere in quell’uomo che passa l’agnello di Dio? ‘Ecco l’agnello di Dio’: lo dice in un modo così determinato e chiaro Giovanni e l’altro Giovanni, futuro evangelista, e Andrea, fratello di Simon Pietro, che erano discepoli del Battista, lo lasciano per seguire Gesù. Se noi sapessimo pronunciare il nome di Gesù, come comunità cristiana, con questa limpidezza, il mondo resterebbe incantato e andrebbe dietro a lui. Ma prima dobbiamo rendere limpido il nostro occhio, perché ancora non abbiamo veramente visto in lui l’agnello di Dio; lo diciamo a ogni Messa, ma se solo credessimo veramente il mondo scoprirebbe e tacerebbe.
Dopo quella sequela rimasero con lui quel giorno e Giovanni ricorderà, più di sessant’anni dopo, ‘erano le quattro del pomeriggio’: è un istante di vita, perché non è la routine che ci cambia la vita, è un istante di consapevolezza e bisogna pregare Dio perché ci doni questo istante. Da lì nascerà una storia che non finirà: ‘Abbiamo trovato il Messia’, cioè l’unto, il consacrato, il Cristo, colui che aspettavamo, è in mezzo a noi, ce l’ha indicato Giovanni. E dopo quell’incontro Simone cambierà addirittura anche il nome sai: da allora in poi sarà masso, pietra, roccia e dalla sua sequela personale Simone imparerà a diventare Pietro.
Ricordiamocelo: nessuno può seguire il Cristo al posto nostro, noi personalmente dobbiamo decidere per lui. Chiediamo in ogni Messa, quando il sacerdote alza l’ostia consacrata e dice ‘ecco l’Agnello di Dio’, chiediamo che sappiamo davvero vederlo per quello che lui realmente è e deciderci a seguirlo, ognuno con tutto se stesso”.