La Notte di Natale è momento in cui la luce irrompe nel buio e padre Placido, nell’omelia, ha riflettuto su questa luce, la luce del Bambino che nasce a Betlemme; ecco le parole del parroco:
“Buon Natale, amici cari! Grazie per essere qui! Grazie a Dio che ci fa essere qui! Grazie a lui che ci precede e non lo fa in un modo che possa metterci in difficoltà, ma ci precede mettendoci di fronte a un bambino. Certo alle volte i bambini molto piccoli ci mettono un po’ in imbarazzo, non sappiamo bene cosa si debba fare, ma certamente non possono incutere paura, sono un totale appello alla nostra bontà, alla nostra attenzione, e proprio perché si appellano al meglio di noi anche suscitano il meglio di noi, lo stimolano.
Ecco allora a Natale anche per noi il segno che fu dato ai pastori: questo segno è un bambino che nasce nella povertà. Come sono strani i segni di Dio! Dopo duemila anni di Cristianesimo facciamo ancora fatica a credere che il nostro Dio sia umile e si manifesti nella povertà. Nel mondo si vorrebbe che Dio fosse forte e vincente e che ami la gente importante e ricca; invece Gesù è veramente come quella pietra che rotola dalla montagna e frantuma i piedi dei nostri idoli e l’idolo dei nostri ego. In questo tempo che esalta tutte le forme degli ego, il potere e la ricchezza e la sopraffazione e l’ipocrisia, Cristo è la pietra che frantuma i nostri ego e ci riporta alla dimensione dell’umano, proprio perché l’umano diventi divino. Ecco il mistero di Betlemme, che in arabo significa ‘casa della carne’ e in ebraico ‘casa del pane’: il pane si fa carne e la carne si fa pane. Ecco il mistero di Betlemme, ecco perché Francesco d’Assisi ottocento anni fa a Greccio in una notte fredda chiese di poter vedere con gli occhi della carne ciò che credeva nella fede; e avendo predisposto una mangiatoia e un bue e un asinello cominciò a cantare il Vangelo e ogni volta che leggeva la parola Betlemme belava come un agnellino, come se volesse far capire che lì era nato un Dio che si era fatto piccolo come un bambino e indifeso come un agnellino.
In questa notte del mondo – perché è proprio una notte quando ogni giorno si deve fare la conta dei morti uccisi da questo o quell’altro predone… e hanno anche il coraggio di giustificarsi e dire che ci sono nobili motivi per ammazzare gente indifesa… in questa notte del mondo questa è la risposta di Dio: ‘Troverete un bambino’, un bambino povero; e se in un bambino povero riconoscerete la presenza di Dio allora avrete trovato la via, altrimenti la via vi sarà preclusa; e se voi stessi non tornerete bambini, se non avrete un cuore povero, non entrerete. Il Natale è proprio qui. Ma non è qui come una condanna, è qui in un certo senso come una sfida: fidati di ciò che Dio vuole creare in te, credi che tu sei tanto di più di quello che pensi di essere, tu sei la dimora di Dio. E per questo Francesco d’Assisi univa il mistero dell’incarnazione al mistero della celebrazione eucaristica e proprio lì a Greccio, su quella mangiatoia dove era stato posto il bambino Gesù, volle che si celebrasse la Messa, dove c’era il fieno scese l’Eucaristia, dove gli animali avevano trovato cibo l’uomo trovava il pane del cielo.
Dio ci apre una strada semplice: non complichiamola. Ognuno è qui a partire dalle proprie fatiche e dai propri disagi e un benvenuto speciale va a chi è qui oggi e poi magari non lo vedremo più per tanto tempo: questo è un luogo sacro, qui ognuno può – secondo le sue possibilità e desideri e volontà – trovare un momento in cui riscoprire un Dio che si fa bambino, cioè una via semplice. Affidiamo tutto questo all’amore di Dio. Il Papa ha aperto una porta pregando che l’umanità vi entri per essere rinnovata da una rinascita che ridia alla speranza – il grande tema di questo giubileo – ridia alla speranza una casa, un luogo dove poter vivere. In un momento di silenzio chiediamo di poter entrare con semplicità in questo mistero: basta essere piccoli, basta avere qualcosa di cui soffrire (e penso che non manchino i motivi), basta avere qualcosa di cui gioire e ringraziare. Portiamo qualcosa di autenticamente umano e quel Dio che si è fatto uomo la trasformerà in qualcosa di autenticamente divino“.