“Sappiamo che davanti, a guidarci, c’è il Maestro”

Nell’Ottava Domenica del Tempo Ordinario il Vangelo riporta diverse parabole, alcune anche molto famose, di Gesù. Padre Placido ha riflettuto su alcune delle parole del Maestro, riportandole nella nostra realtà attuale. Ecco l’omelia del parroco:
“Abbiamo aperto la nostra preghiera invocando speranza, gioia e pace: quanto ne abbiamo bisogno! Veniamo in chiesa non con i secchi pieni di chissà quali devozioni e buone opere, ma veniamo qui poveri, con il secchio vuoto, perché il Padre buono lo riempia. Veniamo qui bisognosi, perché è il bisogno che ci spinge qui, bisogno che non trova risposte e anzi forse alle volte resta quasi disorientato da questa narrativa che il mondo sta facendo: se nel cammino spirituale è necessario fermare il chiacchiericcio mentale e passare dalla mente al cuore, di questi tempi è davvero difficile calmare la mente se si attinge troppo dai mezzi di comunicazione di massa, dalle tante cose che vengono dette.
Abbiamo bisogno di qualcuno che metta calma e pace, al di là di quello che possiamo sperimentare durante la giornata. Veniamo qui perché qui c’è qualcuno che è più grande di tutto quello che c’è fuori e di tutti questi presuntuosi che si credono i grandi della terra. Noi abbiamo trovato colui che è il più grande di tutti, è il nostro Maestro. E oggi il nostro Maestro Gesù ci dice una cosa bellissima: se perseveriamo saremo come lui, diventeremo come il nostro Maestro. Ma contemporaneamente ci mette in guardia: non presumere di essere il più grande. Forse qualcuno ricorderà il passo in cui Gesù dice: voi farete cose più grandi di me. Il Maestro dice che un discepolo non è più del Maestro; ma dice anche: voi farete cose più grandi di me. Questi insegnamenti, apparentemente contraddittori, sono in realtà propri di tutti i maestri spirituali: fai come se il tuo massimo fosse arrivare al maestro e al tempo stesso pensa che lui ti dice che potrai fare anche di più. Il Maestro ci vuole fedeli nell’obbedienza del poco perché possiamo arrivare a grandi traguardi.
Nessuno pensi di non essere chiamato a una grande profondità che diventa luce per gli altri. Ma se è così, allora cosa dobbiamo fare? Gesù vuole guarirci gli occhi, perché un cieco non può guidare un altro cieco. Ho incontrato proprio due giorni fa una comitiva di ciechi: stavano l’uno attaccato all’altro, con la mano; ma poi ho visto, alla loro testa, un operatore che li accompagnava, con calma e serenità, ma anche con sicurezza. Un po’ tutti siamo ciechi, nessuno di noi vede tutto chiaramente, ma quando siamo insieme e lavoriamo nel nome di Gesù, allora stiamo tranquilli, anche se ai lati vediamo solo persone come noi, ognuno con i propri limiti, perché sappiamo che davanti, a guidarci, c’è Lui. Lui sa dove andare, Lui è la via, Lui è la luce del mondo. Ed è incredibile come la nostra cecità guarisce nel momento in cui la riconosciamo.
Ma attenzione: la vista non ci è data per disprezzare gli altri o per giudicarli, perché appena credi di vedere ti sembrerà subito di notare che gli altri non vedono niente. Capita alle volte che persone che si sono convertite da poco tempo cominciano subito a giudicare… ma come è possibile? Fino all’altro ieri non sapevi nemmeno dov’era la chiesa e di colpo diventi Maestro? Come dobbiamo stare attenti a questa trave della presunzione e dell’orgoglio che ci fa male! Non dobbiamo proprio volerla questa trave! Al tempo stesso certo non sopportiamo la pagliuzza nell’occhio del fratello, ci dà anche fastidio; ma prima di togliere quella pagliuzza vediamo prima di togliere la nostra trave.
Alla fine il Maestro buono fa una promessa: ognuno porterà frutto, ma porterà un frutto buono se sarà buono dentro. Non cerchiamo quell’approvazione umana che viene dal far finta di produrre frutti buoni: il frutto dipende dall’albero e l’albero dipende dalla sua linfa interiore, il cuore fa sì che tu sia una pianta buona che fa un frutto buono. Lì dobbiamo lavorare per dare buoni frutti. Chiediamo al Signore di metterci nel cuore tutta la gioia e la pace di cui abbiamo bisogno e facciamo in modo che, tornando a casa, questa gioia e questa pace trabocchino anche per il bene degli altri“.