“Dio ha parlato e il distillato della Parola di Dio è l’incarnazione del Figlio”

Protagonista del Vangelo della Quarta Domenica d’Avvento è san Giuseppe, che diventa simbolo di fede, anche alla luce delle altre letture della liturgia; su questo ha riflettuto padre Placido nella sua omelia, anche proiettandosi già al Natale imminente. Ecco le parole del parroco:

“‘In quei giorni il Signore parlò’. In questa affermazione di Isaia si apre il messaggio divino per questa Quarta Domenica d’Avvento: il Signore parla e questo dovrebbe meravigliarci. Si narra che Rabbì Susìa non avesse mai ascoltato una sola lezione del suo grande maestro di teologia, perché appena egli, citando la scrittura, diceva ‘il Signore parlò’, il futuro Rabbì Susìa era preso da un fremito e cominciava ad agitarsi sui banchi; era solo un ragazzo, ma cominciava a dire: ‘Il Signore ha parlato! Il Signore ha parlato!’ e dovevano portarlo fuori dalla classe e lui continuava ad agitarsi e a dire: ‘Il Signore ha parlato!’. Non ascoltò mai una lezione del suo maestro e per questo poi la sua predicazione e il suo insegnamento furono incredibilmente efficaci.

Il Signore ha parlato in questi giorni e ci parlerà a Natale nel modo più completo possibile dicendo quella parola unica, fondamentale, portatrice di luce e di salvezza, quella parola che è il Figlio suo: il Verbo si è fatto carne, la Parola è diventata carne. E come Rabbì Susìa dovremmo ascoltare questa Parola: Dio ha parlato e l’essenza, il distillato della Parola di Dio, è l’incarnazione del Figlio, lì c’è tutto. Allora come va accolta questa Parola? San Giovanni Climaco dice: Dio parlò e disse una sola parola in un eterno silenzio e questa parola è il Figlio suo e nel silenzio questa parola va accolta nell’anima. La notte di Natale leggeremo il libro della Sapienza, che dice: quando il silenzio giunse al suo culmine… nel silenzio dobbiamo accogliere questa parola che è Gesù.

So bene che sono anche giorni in cui si è di corsa, giorni di frenesia, ma ci sia uno spazio nel nostro cuore dove, in silenzio, accogliamo questa parola. Perché proprio in silenzio? Perché il silenzio è il superamento dei nostri ragionamenti, il silenzio non è assenza di rumore, ma è l’assenza dell’ego che ragiona, che straparla, che dice: ma se davvero fosse Natale? ma se davvero il Figlio di Dio venisse? Taci, metti a tacere la mente, contempla, apriti a una sapienza più grande, come fa San Giuseppe. Nel Vangelo di oggi il cruccio di Giuseppe non è pensare che Maria possa essere venuta meno alla sua fedeltà: non ci pensa neanche. Il cruccio di Giuseppe è che, di fronte a un disegno così grande, quello della sua promessa sposa che senza conoscere uomo rimane incinta perché il Signore lo vuole, il suo cruccio è una domanda: ma io non sarò mica di ostacolo a questo disegno? cosa faccio ancora qui visto che il Signore sta compiendo una cosa così grande? Ecco la grandezza di Giuseppe.

Giuseppe sogna e nel sogno l’angelo gli dice: Giuseppe, non avere paura, c’è un posto anche per te in questo disegno: tu dovrai far sì che il Figlio di Dio sia radicato nella radice di Iesse e diventi figlio di Davide, la tribù a cui tu appartieni, e tu gli darai il nome di Gesù, il Salvatore. Ecco l’uomo santo e benedetto e timoroso di essere di ostacolo all’opera di Dio, disposto anche a farsi da parte, eccolo che viene ripreso dalla bontà di Dio e inserito pienamente nell’opera di salvezza. Quando noi ci agitiamo per il regno di Dio, Dio ci mette un po’ da parte, ci dice di calmarci un attimo; invece, quando siamo disposti a metterci da parte per il regno di Dio, Dio ci inserisce nel suo disegno. Impariamo dal mite Giuseppe, dal santo Giuseppe, dal grande Giuseppe, dal semplice falegname di Nazareth. Non saranno i libri, che pur servono, ad aprirci al mistero di Dio, ma soprattutto l’umile ascolto silenzioso e il non meravigliarci di nulla; quante volte ad esempio banalizziamo i nostri sogni e così quanti insegnamenti perdiamo, quando invece impariamo a leggere i nostri sogni quanto insegnamento ce ne viene.

Entriamo in questo disegno più grande. Giuseppe vi aderisce non perché ha capito tutto: c’è dell’incomprensibile nella nostra vita, in ogni vita ci sono degli aspetti incomprensibili e anche nell’azione di Dio; e questa incomprensibilità o diventa lo spazio dei nostri ragionamenti e magari della nostra rabbia e del nostro rifiuto e del nostro dolore, oppure diventa lo spazio della fede: è incomprensibile, ma mi fido. Così il Vangelo di oggi si conclude in modo molto semplice: ‘Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo’ e così si inserisce meravigliosamente in questo cammino. Anche noi vogliamo fare Natale, vogliamo ascoltare la voce dell’angelo e ora, in silenzio, ci affidiamo a questo grande disegno di amore che riguarda anche ognuno di noi”.