Alla sera di sabato 17 settembre, vigilia della Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario, si è celebrata a Brez la festa della Madonna Addolorata, a cui il paese è legato da antica devozione; alla Messa sono stati presenti i coscritti del 2004, che hanno poi accompagnato la statua della Madonna nella processione per le vie del paese e prima hanno ricevuto dal parroco il Tau: nello stesso giorno, infatti, appunto il 17 settembre, si sono ricordate le stigmate di san Francesco, ricevute proprio il 17 settembre 1224. Ecco le parole di padre Placido nell’omelia:
“Saluto anzitutto i nostri coscritti del 2004: siamo contenti di avervi con noi! Queste nostre feste patronali spesso sono proprio l’occasione per ricordarci che la fede è un dono che abbiamo ricevuto per trasmetterlo e questo dipende molto dalla buona testimonianza della comunità: i giovani devono vedere che stiamo vivendo qualcosa di bello, importante e prezioso, e devono vederlo in noi, nella nostra vita, in come ci comportiamo.
Intendiamoci: è inevitabile, guardando l’immagine della nostra Madre, cogliere la sua sofferenza. Certo non dobbiamo immaginare che la Madonna sia sempre triste a causa nostra, ma certo lei è una madre e come ogni madre gioisce per i figli, ma non può evitare di provare dolore quando i figli non si comportano come lei vorrebbe.
E come vorrebbe che ci comportassimo? Ad esempio il Vangelo di oggi pone il tema dell’uso della ricchezza, dei beni materiali e suggerisce un uso particolare di questi beni: usiamo i beni materiali per aiutare le persone, perché queste un giorno ci accolgano nel regno di Dio. Guardate che il Signore non sta parlando solo dei propri figli o nipoti o parenti, ma semplicemente dice di aiutare qualcuno che ha bisogno. Proviamo a chiederci: se in questo momento io dovessi presentarmi al cospetto di Dio, posso sperare che ci sia qualche povero che dica gli ho dato una mano e l’ho aiutato? Guardate basterebbero anche una o due persone. Il Vangelo dice proprio che saranno loro ad accoglierci nelle dimore eterne e sarebbe un dramma se, arrivati al cospetto di Dio, non si trovasse una persona che dica: questo qui quando era in vita mi ha aiutato. Il Vangelo è molto semplice e diretto e allora forse anche per questo motivo la madre ci richiama: cerchiamo di essere generosi, cerchiamo di fare del bene! E non del bene generico: dobbiamo avere in mente qualcuno di specifico!
Ma tra i motivi di preoccupazione della Madre in questo tempo c’è anche la progressiva dimenticanza di ciò che Gesù ci ha insegnato: lo chiamiamo Signore, ma sembra che poi andiamo ad ascoltare e seguire di più ben altri signori e non il Maestro dei maestri, il Signore Gesù! La Madre è addolorata anzitutto perché stava sotto la croce del figlio suo ed è una croce che l’umanità fatica ad accogliere, gli uomini faticano ad accogliere Dio come Padre e Gesù come Maestro: ci illudiamo di trovare la felicità lontano da Dio, ma siamo come un figlio capriccioso che vuole ribellarsi ai suoi genitori e pensa che tutto il mondo sia comunque migliore di mamma e papà; ed è allora che si finisce per seguire falsi maestri, si finisce per percorrere strade sbagliate.
È quello che insegniamo ai nostri figli, ma dovremmo ricordarcelo anche a noi, perché anche noi siamo figli e anche la Madre ce lo insegna: nella casa del Padre buono ti viene insegnato il bene, ti viene insegnato ciò che è vero e anche se qualche volta possiamo avere dei moti di ribellione, poi torniamo con fede qui, a ringraziare, a chiedere perdono, a invocare aiuto. Sarebbe bello se già stasera volessimo dare a questa Madre motivi per un sorriso, sarebbe bello che la Madre potesse dire: ecco una comunità che si ritrova, che cerca di essere accogliente e serena e che prega con fede.
Tra i motivi di questa sera c’è il ricordo anche di un grande santo: oggi è la festa delle stigmate di san Francesco: come stasera, nel 1224, sul monte della Verna Francesco, in estasi, vedeva un Serafino che era Cristo Signore con sei ali e mentre lo pregava sentiva un dolore alle mani e ai piedi e al costato. Per due anni Francesco ebbe questi segni, tante sono le testimonianze di persone che lo videro, tra cui quella di un frate a cui, mentre lo aiutava a lavarsi, essendo entrato dalla manica della tonaca con una spugnetta proprio per lavargli un po’ il petto, scivolò la mano nella ferita del costato; Francesco cacciò un urlo e il frate a momenti svenne, perché si sapeva che aveva le ferite, ma Francesco le teneva nascoste. Fu il primo stimmatizzato di cui si ha testimonianza nella storia della Chiesa. Ai nostri tempi, lo sappiamo, san Pio da Pietrelcina, che si ricorderà questa settimana, per cinquant’anni portò le stigmate e io stesso ho conosciuto persone che le hanno viste: erano sempre fresche, ferite che né guariscono né vanno in suppurazione, ferite che i medici cercarono in tutti i modi di far richiudere, ma che si chiusero, incredibilmente, solo dopo che Padre Pio morì.
Cosa sono questi segni? Sono segni che c’è ancora chi sta sotto la croce con Maria e porta la croce del mondo e offre se stesso, offre preghiere, offre anche la propria sofferenza per la salvezza del mondo. Questo mondo non si salva cantando e ballando, questo mondo si salva facendo il proprio dovere con amore, perché non è il male che salva il mondo, è l’amore che è capace di sopportare anche il male, come Gesù sulla croce, quel male che proprio noi uomini gli abbiamo inflitto.
Quella che insegniamo qui è una Sapienza eterna ed è eterna perché è da sempre e allora noi siamo qui, ma siamo anche all’inizio dei tempi, perché tutto è stato creato attraverso Gesù Cristo. Questa Sapienza va accolta, va ascoltata e va seguita! E se facciamo così possiamo stare tranquilli, perché supereremo tutte le difficoltà della vita, sentiremo il Signore vicino e sapremo condurre una vita buona, riusciremo, pur con la fatica, a fare cose belle e a dare una buona testimonianza!
Lo dico soprattutto a questi giovani, ai coscritti del 2004: alle volte vediamo dei limiti, dei confini, degli argini e pensiamo che siano una condanna; l’altro ieri ero nelle Marche, proprio quando è arrivato questo disastro di acqua; il giorno prima col mio cagnolino abbiamo attraversato con due passi il fiume, il giorno dopo quel fiume era largo 30 metri e si è portato via centinaia di alberi. Gli argini a volte ci danno un po’ fastidio, ma quando il fiume passa gli argini pensa di essere libero e di andare chissà dove, ma dopo un po’ si ferma e diventa acqua stagnante. Chi non accetta gli argini della fede vedrà la sua vita fermarsi e ristagnare!
Ma possiamo sempre, con l’aiuto di Dio, rientrare negli argini e riprendere il nostro cammino! Questo è l’insegnamento bello: mai aver paura, nemmeno degli errori che si sono fatti, perché con l’aiuto di Dio possiamo sempre ripartire! La Madre è lì a testimoniarcelo e questa sera noi la porteremo per le vie del paese, per dire che questo è ancora un paese cristiano, dove si cerca di seguire il Signore. E il pericolo, riconosciamolo, non sono le altre religioni: il pericolo è quello su cui ci ammonisce il Vangelo: il pericolo è Mammona, è il denaro che diventa idolo, che si mangia la vita del cristiano! Su questo dobbiamo stare attenti, perché il grande rischio è che le cose ci allontanino da Dio.
Però, sempre con l’aiuto della Madre, possiamo tornare a una vita di fede autentica. E allora tra poco compiremo alcuni gesti: dopo l’omelia i nostri coscritti verranno a fare la loro preghiera a Maria e siccome oggi c’è questa bella coincidenza tra la festa della Madonna Addolorata e le stigmate di san Francesco, imporremo ai coscritti la piccola croce del Tau, il segno dei salvati che Francesco onorò per tutta la vita”.