“Non appoggiarti al muro: deve crollare; non appoggiarti all’albero: deve seccare; non appoggiarti all’uomo: deve morire“: così ha iniziato la sua omelia padre Placido nel primo giovedì del mese, riecheggiando la prima delle letture della liturgia.
“L’apologo può sembrare duro, ma è in fondo quello che dice il profeta Geremia: ‘Maledetto l’uomo che confida nell’uomo’ (Ger 17,5). E queste parole ci ricordano il limite dal quale tentiamo di fuggire, quel limite che è scritto nella nostra carne, il limite delle nostre capacità, della nostra povertà anche morale“.
Come superare questo limite, o come almeno imparare a conviverci? “Non devi confidare nell’uomo, non devi confidare nemmeno in te stesso, e non devi pensare neanche che su questa terra ci sia una persona che potrà risolvere tutti i tuoi problemi: quante volte siamo pronti a gridare quanto è bravo quel tale, a credere che arrivi finalmente l’uomo che risolverà tutti i problemi! Ma altrettanto facilmente e presto però poi denigriamo, perché quando si esalta una persona in questo modo, quella finirà poi inevitabilmente per deluderti, perché non corrisponderà alle tue aspettative”.
In chi confidare, allora? “Non è nell’uomo che devi confidare, ma nel Signore! Chi confida solo nell’orizzonte umano, per citare ancora Geremia, è ‘come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto’: è inevitabilmente una vita rinsecchita, triste, faticosa, perché ha un orizzonte di confidenza troppo basso, appunto umano, e di conseguenza deluso”.
Bisogna dunque guardare altrove: “Alziamo il cuore, eleviamo lo sguardo! ‘Benedetto l’uomo che confida nel Signore’, perché, citando ancora Geremia, ‘è come un albero piantato lungo un corso d’acqua’: rimane verde anche nell’anno della siccità, e dà frutti sempre. Questo avviene perché non si taglia il collegamento con la sorgente: chi confida nel Signore tiene sempre vivo il contatto con Lui. Tutti noi siamo fiumi dalla breve corrente, e inevitabilmente finiamo per attraversare paesaggi desolati, riarsi, e in un attimo veniamo risucchiati; ma se tieni il contatto con la sorgente, allora la tua acqua fluirà sempre”.
La metafora di Geremia può essere anche ampliata: “Quando ti senti in difficoltà non devi guardare attorno per cercare se c’è qualche altro fiume che ti può dare l’acqua: guarda dentro, scava e vedi se sei collegato alla sorgente; quando il tuo pozzo non dà più acqua, non andare a scavare di qua e di là, come un ebete! Quante persone, siccome hanno vissuto una religiosità superficiale, si buttano di qua e di là, e magari si propongono come santoni! Amico mio, se dal tuo pozzo non esce più acqua, approfondisci il pozzo, che è il Cristo, il pozzo d’acqua viva, altrimenti comincerai ad andare dietro a ogni pozzo che si crede il Messia!”.
Ecco dunque la via da seguire e anche l’esortazione finale di padre Placido: “Tieni collegato il tuo cuore alla Sorgente, e non aver paura: lo sguardo del Signore è penetrante, porta calma e ordine. Affidiamoci a questa presenza buona del Cristo che è in ognuno di noi!”.