La domenica dopo Pasqua è la domenica della Divina Misericordia, festa dell’Unità Pastorale guidata da padre Placido, che nel 2016, Anno Santo della Misericordia, volle che l’unione delle sue quattro parrocchie fosse appunto intitolata proprio alla Divina Misericordia.
Padre Placido, nell’omelia, si è concentrato sul Vangelo, che nella sua seconda parte è giustamente ambientato ‘otto giorni dopo’ la Pasqua (cfr. Gv 20,26): “Era il primo giorno della settimana quel giorno, proprio come oggi, quel giorno che noi chiamiamo domenica; e c’era una comunità che si ritrovava, proprio come noi. Perché si ritrovava? Forse un po’ per paura, un po’ per sentirsi meno sola, un po’ sperando che accadesse qualcosa. Possiamo chiederci se oggi, duemila anni dopo, è poi così diverso il nostro ritrovarci: veniamo alle volte con delle paure, delle sofferenze, dei grossi punti di domanda, delle incertezze, e spessissimo con sensi di colpa, cose che non sono andate bene e di cui ci rimproveriamo”.
Insomma, otto giorni dopo, di domenica, noi non siamo tanto diversi da quella primissima comunità cristiana, e non lo siamo nemmeno per l’elemento più importante: “C’è un dettaglio in più che ci accomuna a quella comunità e sono le ultime tre paroline che dice Giovanni e che l’evangelista ripete spesso: ‘Venne Gesù e stette in mezzo a loro’ (Gv 20,19). Per Giovanni questa è la condizione di Gesù: stare in mezzo ai suoi. Di più: nel passo del Vangelo che racconta la crocifissione, l’evangelista Giovanni tiene tanto a questa espressione da riferire che crocifissero “con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo” (Gv 19,18): è ovvio che se uno è a destra e l’altro a sinistra Gesù sta nel mezzo, ma Giovanni lo ribadisce perché lo stare in mezzo è il modo che ha scelto il Signore per essere insieme a noi“.
Anche oggi, dunque, Gesù sta in mezzo a noi, e allora, ha fatto notare il parroco, “questo Gesù non è un Gesù mio, privato, non è un Gesù di cui dispongo, ma è un Gesù che sta nel mezzo, sta tra di noi, con noi. Così oggi, come allora, c’è una comunità perché Gesù è in mezzo a noi“.
Se è così, possiamo riflettere anche sulle differenze tra la nostra Chiesa oggi e la prima comunità cristiana: “Quando Giovanni scrive siamo circa nel 90 dopo Cristo e perciò le comunità sono quelle che che conosciamo anche dagli Atti degli apostoli: i credenti si aiutavano l’un l’altro perché erano poveretti e gli apostoli davano testimonianza della Risurrezione. Guardando allora e guardando a noi possiamo chiederci: come va la nostra fede? Chissà se anche noi diciamo alle volte ‘se non vedo non credo’. Diciamocelo francamente: se lo vogliamo abbiamo tante prove della fede, prove che ci lasciano attoniti, e queste prove ci sono per tutti. E così Gesù stando in mezzo a noi ridicolizza le nostre richieste di prove, come fece con Tommaso quando gli disse: ‘Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!‘ (Gv 20,29)”.
Queste parole di Gesù, ha sottolineato padre Placido, sono per noi: “Gesù ci regala l’ultima beatitudine: beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Se andiamo a rileggerci le altre beatitudini, quelle per così dire ufficiali, è naturale chiedersi chi mai può dire di essere puro di cuore, mite, misericordioso, chi mai può dire di fare tutte le cose giuste; nessuno. Ma invece questa beatitudine è proprio per noi: non hai visto eppure credi, sii tu beato!“.
Di qui l’augurio e l’esortazione finali del parroco: “Mettiamo questo Gesù in mezzo, guardiamolo lì in mezzo a noi e sentiamolo al centro della nostra vita, sentiamo che Gesù è proprio il centro della nostra persona. Dice un biografo di san Francesco che il poverello di Assisi aveva sempre Gesù nel cuore; noi magari non ne siamo così sicuri, ma proviamo a sentire che Gesù sta in mezzo e proclama ancora quella che è forse la più importante delle beatitudini: beato te, figlio mio, beata te, figlia mia, perché non hai visto eppure credi! Questo è il messaggio di questa domenica! Questo è il motivo della nostra gioia! Questo è il grande segno della Misericordia del Signore!“.